Binotto e quella sensazione costante di precarietà

I rapporti con il presidente Elkann sono freddi e ora i risultati non aiutano. Ma l'auto c'è

Binotto e quella sensazione costante di precarietà

L'anno scorso la Ferrari era molto affidabile. Non si rompeva quasi mai. Ma in giro non c'è nessuno che la rimpiange né che vorrebbe scambiarla con quella fragile di oggi. Primo fra tutti Charles Leclerc che pure si è visto strappare due volte dalle mani lo spumante mentre stava cominciando ad assaporarlo. Essere solo affidabili in Formula 1 non paga. Non porta con regolarità in pole, non conduce abitualmente sul podio. È insomma difficile sostenere che Mattia Binotto abbia sbagliato strada scegliendo di rincorrere prima di tutto le prestazioni. Era una via obbligata per far tornare la Ferrari tra i protagonisti. Cosa che pare riuscita a giudicare dalle due vittorie e dalle sei pole di Leclerc. Il problema è che una volta seduti al tavolo del banchetto non ci si accontenta più del pane. Si vogliono il caviale, il salmone, il tartufo e tutto il resto. Soprattutto se la storia racconta come la Ferrari abbia frequentato certi ristoranti stellati da sempre.

E allora il caro Binotto torna a vestire i panni di Crozza sul banco degli imputati. C'è già uno strisciante movimento d'opinione che lo vorrebbe cacciare prima che sia troppo tardi. Un movimento che non parte neppure da troppo lontano perché pare che Binotto non sia popolarissimo neppure negli uffici presidenziali. Sono in tanti quelli che raccontano di rapporti inesistenti tra il presidente Elkann e il responsabile della gestione sportiva. Binotto lo sa bene. Se quest'anno non ritroverà l'affidabilità perduta sull'altare delle prestazioni sarà lui il primo a pagare. È sempre l'allenatore a pagare per tutti. Oggi più che dare la caccia alle streghe servirebbe lavorare. Aprire il motore andato in fumo a Baku e capire. Ci vorrà del tempo, inutile illudersi. Un motore non si sistema in un giorno, ma neppure in una settimana, forse neppure in un mese. E comunque è certamente meno difficile ritrovare l'affidabilità che ritrovare le prestazioni. Meglio una macchina veloce che si rompe di una macchina che va piano ma va lontano. Nessuno oggi a Maranello scambierebbe la F1-75 con la Mercedes che Russell ha sempre portato tra i primi 5 quest'anno.

Meglio aver vissuto quei giorni da leone, sapendo che possono tornare. Certo ci sarà da soffrire perché già a Montreal Charles rischia di pagare 10 posizioni per la sostituzione del turbo. Significherebbe dire addio anche alla pole. Ma poi tornerà la luce.

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