La forza del calcio è quella di esaltarti o rovinarti in un batter d'occhio. E magari di stravolgere la storia. Basta dare un'occhiata al contenzioso fra Bonucci e la Juve per passare da una disfida di Barletta ad una disfida burletta. Ora il giocatore, non ancora ex, ha inviato una Pec al club per contestare la situazione e chiedere un reintegro nella rosa. La società ha risposto picche, con o senza Pec, poiché l'esclusione dalla rosa della prossima stagione viene ritenuta scelta tecnica. Così reiterando l'invito a cercarsi altra sistemazione. Ora qualcuno ha insinuato che Bonucci sia stato una bandiera, magari dimenticando il suo svolazzo al Milan per motivi di interesse professionale ovviamente. Le bandiere solitamente non cambiano bandiera. E le bandiere accettano, per amor di bandiera, anche di essere messe alla porta. Solo Rivera riuscì a far sloggiare un presidente impegnandosi lui, in prima persona, a trovare un nuovo padrone. Ma anche Rivera, un giorno, ha lasciato il Milan pur tenendoselo nel cuore. Non pare il caso di Bonucci: poteva prendere lezione da Del Piero che accettò a malincuore la decisione del club. No, il nostro don chisciottesco guerriero vuole ancora giocare a Torino. E acquisire lo stipendio di 6 milioni. Forse dimenticando che le ultime apparizioni sono state poche generose per la cartolina del buon ricordo: nel match con l'Inter in coppa Italia, in quello con il Siviglia. Per non palare dello svarione in nazionale contro la Spagna. Davvero un peccato macchiare così una onorevole carriera. Siam certi che se alla Juve ci fosse stato ancora un tipo con la tempra di Boniperti, forse Bonucci non sarebbe durato a lungo o, in caso auspicabile e contrario, stavolta avrebbe fatto le valigie senza fiatare.
Non c'è colpa nei dirigenti moderni, piuttosto nei calciatori moderni. Ogni tanto vale guardarsi allo specchio. Insomma sarebbe bello che il Bonucci, con un colpo d'ala da giocatore di classe, la smettesse. Il suo tempo è finito, finisce per tutti: almeno in questo non c'è Pec che tenga.
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