«Per Bugatti sondiamo nuove nicchie e motori»

Il presidente: «Un secondo modello di Chiron e Veyron potrebbe essere di uso più quotidiano»

Pierluigi Bonora

C'è chi lo definisce il manager delle supercar, delle auto impossibili o l'uomo delle luxury car. La sua risposta? «Sono Stephan Winkelmann, punto». Cinquantacinque anni a ottobre, tedesco di nascita, per più di 30 anni in Italia, Winkelmann ha alle spalle una brillante carriera in Mercedes-Benz, Fiat, Automobili Lamborghini e Audi Sport. Dal gennaio 2018 è il presidente di Bugatti.

Idee, impegno e coraggio gli hanno permesso di creare i presupposti per far diventare Lamborghini la realtà che è sotto gli occhi di tutti, consegnando al suo successore, Stefano Domenicali, un'azienda pronta ad affrontare un futuro all'insegna di crescita e nuove soddisfazioni.

In Bugatti, marchio estremo del gruppo Volkswagen, il tocco di Winkelmann ha dato subito i frutti, visto che l'esercizio 2018 è stato archiviato con un risultato positivo.

Presidente, adotta in Bugatti, con le dovute proporzioni, lo stesso metodo che ha applicato in Lamborghini?

«Al mio arrivo ho trovato una squadra pronta e ricettiva. Ci siamo messi subito al lavoro allo scopo di migliorare la presenza di Bugatti sul mercato, nei media e per aumentare ancora di più la notorietà del marchio».

Preservando l'esclusività...

«Non si discute. Ci stiamo sempre autolimitando. Non è facile lavorare con volumi così ridotti. Ma questo rappresenta un valore aggiunto per il cliente».

I rapporti con la casa madre Volkswagen?

«Bugatti è oltre tutte le piattaforme, sia come motore sia per i materiali. E poi produciamo pochi modelli. Le sinergie possono valere negli acquisti. Ma l'esclusività è proprio Bugatti».

È stato l'ex ad del gruppo Volkswagen, Matthias Müller, a volerla al vertice di Bugatti, ritenendola il manager ideale per poter condurre il marchio verso un futuro vincente.

«Sono sincero: vorrei fare molto di più e in fretta, ma le risorse sono limitate. Ho poco pazienza e ciò mi mette a dura prova. Comunque, si sta facendo molto di più e in fretta rispetto al passato. E va bene così».

Producete supercar che possono costare fino a oltre 11 milioni, come la one off vista al Salone di Ginevra. Come vi comportate di fronte alle nuove normative sulle emissioni? Avremo una Bugatti elettrica oppure ibrida?

«Veyron e Chiron sono entrambe la nostra punta di diamante. Se si vuole realizzare un secondo modello, dovrà essere di uso più quotidiano. Stiamo valutando l'opportunità di scegliere motorizzazioni diverse e ciò vale anche a livello di corpo vettura».

Quindi un Suv estremo?

«Esistono nicchie non ancora toccate e molto appetibili per noi».

Si era parlato di un Suv-Coupé ibrdo con 1.000 cavalli da presentare nel 2023...

«Non posso commentare, abbiamo sondato tutte le nicchie possibili e immaginabili. Se poi mi dicono: fai questo modello e fallo in fretta, l'idea l'ho ben chiara».

Cristiano Ronaldo è soddisfatto della sua Chiron?

«Da me non si è fatto vivo per dire il contrario, credo proprio di si. Oltre a star dello sport, del cinema e della musica, la stragrande maggioranza dei clienti di Bugatti è composta da imprenditori».

Bugatti sarà la tappa finale della sua carriera?

«Non sta a me decidere. È una grande sfida quella che mi ha affidato Müller. Una sfida che affronto con piacere. Vediamo che cosa succede».

Intanto i conti sono subito tornati positivi.

«Era il nostro primo obiettivo: abbiamo guadagnato soldi, ci siamo riusciti. I costi di ricerca e sviluppo sono in continua crescita, ma ci sono ottime possibilità, negli anni futuri, con un'economia favorevole, di rimanere con numeri positivi».

I vostri mercati di riferimento?

«Innanzitutto gli Usa. In Cina ci sono dei collezionisti, ma la tassazione fa in modo che in quel Paese non ci sia mercato».

Pagani è un concorrente?

«Bugatti non ha concorrenti».

A quali eventi pubblici partecipate?

«Gli unici sono il Salone di Ginevra e Pebble Beach».

E quando incrocia in strada una Lamborghini Urus?

«Provo una grande gioia, questo successo la squadra di Domenicali se lo merita tutto».

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