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Ai Mondiali nippo coreani andò in scena il furto del secolo

18 Giugno 2002, allo stadio di Daejeon si giocano gli Ottavi di finale del Mondiale di calcio. In campo Italia e Corea del Sud. In campo succede di tutto

Bobo Vieri e Di Livio contestano l'arbitro Byron Moreno
Bobo Vieri e Di Livio contestano l'arbitro Byron Moreno

La premessa è funesta, perché abbiamo superato il girone arrancando. Soltanto il prodigioso successo dell’Ecuador sulla Croazia ci ha spinto in avanti. In Italia infuria la polemica perché il Trap non c’ha voluto sentire: Roby Baggio resta a casa, con buona pace degli amanti dell’ex codino. Insomma ci siamo trascinati fino a qui, al Daejeon stadium, da secondi con l’anima incerottata. Il mister fa colare stille d’acqua santa sull’erba immacolata, ma stavolta nemmeno l’infuso miracoloso della sorella suora correggerà un destino avverso. Un fato che, se gli fischi da lontano, si gira al nome e cognome di Byron Moreno.

Contro le pareti dello stadio rimbalza una cantilena costante e cadenzata. La nazionale deve superare i padroni di casa della Corea del Sud per non essere bollata come combriccola di irrisolti. La cifra tecnica non pare nemmeno vagamente paragonabile, ma gli inestricabili intrecci della vita a volte non riesci a dipanarli. Nesta che non recupera - il suo percorso azzurro è un cristallo ammaccato da ogni lato - è il male che si aggiunge al peggio. Dentro Iuliano: non è mica la stessa cosa. Davanti Del Piero è chiamato a svaporare da un lato, Totti a suggerire dall’altro. Il centravanti è Vieri, particolarmente in palla. L’inno lo cantano tutti, meno Bobo e Panucci. Sugli spalti si srotola un gigantesco striscione dal tono tetramente vaticinante: Again Corea. Come nel 1966, anche se quelli erano del nord.

I presagi che scuotono l’ambiente sono tutti indovinati. Bastano tre minuti e Moreno sventola il giallo in faccia a Coco. Incollati alla tv, milioni di italiani iniziano a corrugare fronti. Altro giro di lancette e il nostro ne combina un’altra: Panucci strattona lievemente Seol e quello fischia rigore. Occhi sbarrati in serie. L’urticante sospetto del complotto che si guadagna il sottofondo. In Italia quello non è mai fallo, ma le proteste vengono stroncate dalla risolutezza di Byron. Sul dischetto va il perugino Ahn, ma Buffon intuisce. Gli operatori sono tutti occupati, per ritirare il proprio quarto d’ora di celebrità si prega di ripassare più tardi. E Moreno ripassa, altroché se ripassa.

L’onda rossa prova a sfondare da ogni lato, in preda ad un agonismo mistico. Anche Del Piero e Totti sono costretti ad arretrare e gli azzurri estraggono il pezzo forte della casa: catenaccio e contropiede. Poi un corner del Pupone, Bobo che si stacca di testa sollevando due coreani e palla dentro. Cala un silenzio di piombo, ma non è destinato a durare. Quelli hanno ancora l’arma segreta da sfoderare. Non si tratta del mago Guus Hiddink che gesticola in panchina, né di una formidabile riserva di lusso. No, la celebrità si aggira già penosamente per il campo, pronto a conquistarsi i riflettori. L’Italia nel frattempo va in apnea. Giovanni toglie Del Piero per puntellare il muro azzurro con Gattuso. Fuori anche Zambrotta per Di Livio. L’olandese replica affastellando sfrontatamente attaccanti.

All’ottantasettesimo incorre lo sfacelo. Panucci buca un intervento in mischia e Seol fa 1 a 1. Faccia che affonda nel prato e disperazione galoppante. Vieri spreca un’occasione monumentale e si sale sulla giostra del golden gol. La marea asiatica intanto urla da spaccare i timpani.

Lo stomaco si contrae quando Gigi toglie dall’angolo una punizione di Hwang. Poi rientra in scena lui, l’ecuadoregno più inviso in Italia. Stavolta estrae un rosso e indica l’uscita a Totti per una simulazione totalmente immaginaria. Non è finita: nel secondo supplementare Tommasi segna, ma Byron - con la complicità del guardalinee - annulla per offside inesistente. Adesso le coincidenze cominciano a connotarsi come regola. Non ci aiutiamo neanche, perché Gattuso spara sul portiere da due passi. Poi è notte fonda. Cross dalla sinistra, testa di Ahn, Italia a casa.

Qualche anno più tardi Byron Moreno verrà radiato dalla sua federazione per un arbitraggio quantomeno “anomalo”, conclusosi con 13 minuti di recupero. Carriera smantellata e tracotanza punita, ma mai abbastanza. Nel 2010 lo fermeranno al JFK con 6 kg di eroina da mezzo milione di dollari avvitati intorno al corpo e alle gambe: la trovata gli costa 30 mesi di carcere.

Di recente, tornando a commentare lo scandaloso arbitraggio contro gli azzurri, ha dichiarato che rivedendosi si assegnerebbe un otto e mezzo. Quel che gli assegnerebbero gli italiani, anche a distanza di vent’anni, forse è meglio tenerlo premuto dentro.

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