"C'è chi sogna di vincere Il Milan ha l'obbligo..."

Mihajlovic promette spettacolo e non si pone limiti "Andremo a 200 all'ora. Non firmerei per il terzo posto"

"C'è chi sogna di vincere Il Milan ha l'obbligo..."

Un occhio alla Fiorentina che avanza minacciosa e uno all'ortodossia berlusconiana studiata e mandata a memoria. È cominciata così la vera avventura di Sinisa Mihajlovic al Milan, incaricato dalle spese di mercato oltre che dalle aspettative dei tifosi, di guidare la risalita e la riscossa del team rimasto fuori dall'Europa per il secondo anno consecutivo. «Non firmerei per il terzo posto» è forse la frase ad effetto più significativa pronunciata in un sabato vissuto con un po' di tensione addosso che esalta gli spigoli del suo temperamento e anche le motivazioni. «Ho ricevuto la telefonata e un "in bocca al lupo" da Arrigo Sacchi», l'incipit del chiarimento propiziato dal corsivo de il Giornale che ha ricordato lo storico comandamento berlusconiano, "vincere e convincere", non più contrapposto al verbo bonipertiano ma sottolineato da un altro slogan personalizzato, «c'è chi sogna di vincere, e chi ha il dovere di vincere, noi apparteniamo a questa seconda categoria».

Ecco: questo è il Milan e definita meglio la missione, si può partire per attraversare il deserto. Il chiarimento di Mihajlovic non è di poco conto. «Mai detto che conta solo il risultato, so che nel dna del Milan c'è la ricerca dello spettacolo» la correzione pubblica che riconferma la tempra dell'uomo, pronto a duellare con chiunque, specie con i cronisti, ma alla luce del sole e dinanzi a microfoni e telecamere. E d'altro canto sono già evidenti alcune affinità elettive con il credo sacchiano («anche lui iniziò con la Fiorentina, ma perse, spero vada meglio a me» la battuta di Sinisa) specie quando è possibile discutere d'intensità dei lavori a Milanello («se vai a 2 all'ora in allenamento giocherai a 2 all'ora, se vai a 200 all'ora, giocherai a 200 all'ora») oppure dei primi timidi progressi in materia di mentalità (questa era una squadra abituata a correre indietro e ora deve correre avanti) ottenuti dal gruppo per non trascurare l'ultimo aspetto, la preparazione delle sfide, «per il 20-30% studiamo gli avversari, per il 70-80% lavoriamo sui nostri concetti e tempi di gioco».

L'altro occhio è alla Fiorentina, «avversario tosto ma forse è meglio cominciare così per capire a che punto è il Milan», la sua analisi schietta e orgogliosa, recitata davanti a due alfieri del centrocampo considerato da tanti, molti, troppi, il punto debole del Milan persino più della difesa un tempo colabrodo. «De Jong e Montolivo possono giocare insieme» è la sua idea sui due presenti al suo fianco in conferenza stampa e questa novità contrattuale (per esaudire le richieste dei nuovi clienti televisivi) è anche la conferma di un rapporto, tra comandante e spogliatoio, quasi idilliaco. Non c'è dualismo insomma tra capitano in carica (l'azzurro reduce da una stagione sfortunatissima) e il capitano in seconda (l'orange che è il più in forma del gruppo) «perché Riccardo è in ritardo di condizione ma sta migliorando», la spiegazione didascalica.

Perciò alla fine la scelta di Mihajlovic più razionale è quella di riconfermare in blocco la squadra che ha piegato il Perugia, con i due baby Ely e Romagnoli al centro del fortino («giocano non perché sono giovani» è l'altro chiarimento pubblico). Un occhio alla Fiorentina e uno all'ortodossia d'accordo ma forse è proprio da Firenze, terra di rare gioie e molti recenti dolori per i rossoneri, che si può veder nascere il nuovo Milan di Mihajlovic.

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