Caccia alla Roubaix la classica che ci sfugge dal secolo scorso

I consigli di Tafi che trionfò nel '99: "Moscon ha bisogno della squadra. Ganna deve crederci"

Caccia alla Roubaix la classica che ci sfugge dal secolo scorso

È da sempre la regina delle Classiche, e il nostro ultimo re fa ormai parte della storia. Una data: 11 aprile 1999. Un nome: Andrea Tafi. Segno particolare: maglia tricolore con scritta Mapei. Non vinciamo più la Roubaix dalla notte dei tempi. Diciamo pure dal secolo scorso, con un reduce del'99.

È la classica Monumento che più ci manca. Ormai si fatica a ricordare. «Anche se per me resta la vittoria più bella di tutte ci spiega Andrea Tafi, 52 anni il prossimo 7 maggio, vincitore tra l'altro di un Fiandre, un Lombardia, una Parigi-Tours e una Parigi-Bruxelles -. Sono tornato qui al nord ieri, con 25 amici. Correremo la Roubaix amatoriale, e domani ci godremo lo spettacolo dei professionisti».

È la corsa più carogna che ci possa essere sul globo terracqueo. E per questo la più amata, evocata, seguita e odiata di tutte. La Roubaix è tanto di tutto: anche se è per pochi. Qui tutto è di più: la fatica e la gloria. Qui tutto diventa assoluto, e per questo chi vince non può essere considerato un semplice vincitore. Puoi anche vivere la giornata perfetta, ma se non sai domare la dama dai denti verdi, come definivano la iella certi corridori della belle epoque, non arrivi da nessuna parte.

Da Compiegne, città nella quale fu catturata Giovanna d'Arco e dove i francesi firmarono un armistizio con la Germania di Hitler, al velodromo della città del carbone: 257 chilometri, di cui 54 e mezzo lastricati di pietre irregolari, distribuiti in 29 settori. Ritorna il tratto di Saint-Python, si affronta per la prima volta quello di Saint-Vaast. La lunghezza totale scende di mezzo chilometro sul 2017. La parte decisiva resta immutata, con i suoi tre simboli: la Foresta di Arenberg su tutto, ma non meno insidiosi Mons-en-Pevele e Carrefour de l'Arbre.

Che la Parigi-Roubaix non sia la corsa prediletta dagli italiani è risaputo. Solo 12 successi in 115 edizioni. Nella storia ci sono anche lunghi periodi di vuoto tricolore sul pavè, come gli anni trascorsi dal 1980 (Moser) al 1995 (Ballerini); o quelli dal 1951 (Bevilacqua) al 1966 (Gimondi); e quello che più ci interessa da vicino, dal '99 di Tafi ad oggi, sperando che domenica

«Il mio favorito è Sep Van Marcke: al Fiandre mi ha impressionato, va fortissimo dice Tafi -. Poi appena sotto metto Philippe Gilbert. Domenica scorsa, nel Fiandre, si è messo a disposizione della squadra: domani passa all'incasso. Vedrete, sarà uno degli uomini da battere. Sagan? Mah, lui è molto forte, ma se corresse per la Quick Step di Gilbert, avrebbe vinto Fiandre e Roubaix. Queste sono corse nelle quali devi essere forte tu, ma devi essere anche supportato».

E gli italiani? Al via solo undici. «Sarà durissima. Gianni Moscon mi sembra quello sul quale si può sperare per qualcosa, ma la sua Sky non mi dà affidamento. Occhio però a Filippo Ganna.

Mi auguro che non si accontenti ancora una volta di andare in fuga per dire: ci ho provato. Deve provare a seguire i grandi. Se vuole imparare, bisogna stare assieme a chi ha qualcosa da insegnare. Il resto non conta: è solo fumo». Polvere di carbone.

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