La felicità è un bambino che insegue un pallone. Il calcio è una macchina da sogni. Lo sterrato dell'oratorio diventa il prato di San Siro, le panchine sono gli spalti e il portiere laggiù è un compagno di scuola ma sembra proprio Gianluigi Buffon. Se lo batti con un rasoterra o un pallonetto alla Francesco Totti, beh, le grida degli amici diventano il boato di uno stadio.
C'è una malattia che sottrae i sogni ai bambini e non solo a loro. Si chiama displasia aritmogena del ventricolo destro o cardiomiopatia aritmogena. In una sigla: Arvd/c. È ereditaria, colpisce una persona su cinquemila e non esiste al momento una terapia. Provoca aritmie ventricolari e nei casi più gravi arresti cardiaci talvolta fatali. Lo sport, specie a livello agonistico, scatena il male, per questo colpisce gli atleti. Sono i casi più noti ma non gli unici. Ricercatori di Padova e Vancouver sperimentano un farmaco capace di bloccare gli effetti della Arvd/c. I risultati sono positivi ma c'è un problema: mancano i fondi. Per questo la Geca Onlus, che sostiene i malati e le loro famiglie, ha aperto una sottoscrizione: Per donare, andate a questo indirizzo: www.retedeldono.it/it/progetti/gecaonlus/cuore-matto. Non serve una cifra spropositata: duecentomila euro. Per ogni ulteriore informazione c'è il sito gecaonlus.com.
Il pallone, si diceva. Naturalmente non c'è solo quello. Tutti i sogni hanno eguale valore, e la malattia non fa distinzioni, colpisce dove può colpire. Ma certe storie rimangono nella memoria. Vi ricordate Davide Astori? Ventenne, guidava la difesa della Cremonese, in serie C. Era uno splendido centrale, troppo forte per una piccola squadra, un predestinato al successo. Infatti restò un solo anno e passò subito in serie A al Cagliari, poi alla Roma e alla Fiorentina, da capitano. Arrivò anche la convocazione in Nazionale. Già, un predestinato ma nel suo destino c'era una zona oscura nella quale si nascondeva una cardiomiopatia aritmogena. Così Davide muore in una stanza d'albergo, prima di Udinese-Fiorentina, il 4 marzo 2018. Aveva 31 anni. Fu sconvolgente. Ogni anno si celebra, sui campi italiani, la memoria di Davide. Alla Fiorentina, Astori ebbe come allenatore Stefano Pioli, oggi al Milan, che lo ricorda così: «Era una persona speciale, un capitano esemplare: diceva sempre la cosa giusta al momento giusto e nel modo giusto».
Non sarebbe bello se il mondo
del calcio offrisse la sua visibilità per sostenere, da testimonial, questa raccolta fondi che potrebbe dare speranza ai ragazzini con le scarpette ai piedi? La domanda è retorica e la risposta scontata: sarebbe splendido.
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