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Calcio italiano in lutto: è morto a 71 anni Pietro Anastasi

Addio allo storico attaccante della Juventus, simbolo bianconero negli anni 70. Lottava da tempo contro la malattia

Calcio italiano in lutto: è morto a 71 anni Pietro Anastasi

Pietro Anastasi, storico attaccante della Juventus degli anni 70, è scomparso a 71 anni dopo una lunga battaglia contro il cancro iniziata nel 2018.

''Anastasi finì per essere il simbolo vivente di un'intera classe sociale: quella di chi lasciava a malincuore il Meridione per andare a guadagnarsi da vivere nelle fabbriche del Nord'' non si possono scegliere parole migliori di quelle dello scrittore torinese Alessandro Baricco per ricordare l'ex attaccante bianconero.

Aveva da sempre un doppio sogno, quello di diventare un grande calciatore e quello di vestire la maglia della sua amata Juventus, sin dai tempi in cui militava nella Massiminiana, il piccolo club catanese fondato dalla famiglia Massimino che Pietruzzo trascinò a suon di gol per la prima volta nella storia in Serie C. Pietruzzu u turcu perché d’estate diventava nero come la pece, così chiamavano dalle sue parti quel ragazzino, che conserverà per sempre nel portafogli la sua foto con John Charles, il suo idolo, scattata anni prima al Cibali, quando sognava di diventare come lui, un grande calciatore e un simbolo della sua squadra del cuore. Un sogno che tardò poco ad avverarsi, dopo aver trascinato il Varese in Serie A, Anastasi si trova finalmente di fronte l'amata Vecchia Signora nella massima serie. E' la partita del destino quella del 4 febbraio 1968, i biancorossi travolgono 5-0 la Juve con la sua tripletta personale. Per Gianni Agnelli fu amore a prima vista e in estate lo strappa alla concorrenza dell'Inter, per la cifra record di 650 milioni. ''Ero al settimo cielo perché vestivo la maglia della squadra di cui sono sempre stato tifoso. Si avverava un sogno'' ripeteva sempre quando ricordava quel periodo.

Pietruzzo ce l'aveva fatta, il sogno finalmente si era avverato e divenne ben presto un idolo dei tifosi, soprattutto per quelli del Sud, che rivedevano in lui la loro voglia di riscatto, tipica dell'epoca. Alla Juve trova il compagno perfetto per esaltare le sue caratteristiche, Roberto Bettega, con cui forma una delle coppie più belle e prolifiche della storia del calcio italiano. Da una parte c'era lui un meridionale estroso e imprevedibile, un attaccante totale soprannominato per questo il Pelè bianco, dall'altra Bobby gol, torinese doc, ariete d'area di rigore ed algido nel carattere e sottoporta, il suo perfetto alter ego. Passa otto stagioni a Torino di cui le ultime due capitano, con 130 gol in 303 partite arricchite da tre scudetti (1971-1972, 1972-1973 e 1974-1975) e tre finali (Coppa delle Fiere nel 1971, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale nel 1973). La magia però era finita così nell'estate del 1978, Giampiero Boniperti lo vende all'Inter per Roberto Boninsegna, uno scambio che suscitò tantissime polemiche. Un approdo in nerazzurro vissuto malvolentieri e troppo difficile da accettare per uno come lui, che aveva solo il bianconero nel cuore. A Milano Pietruzzo si intristisce diventando la copia sbiadita dello splendido attaccante, ammirato alla Juve.

Da lì cominciarono gli anni del declino, passò all'Ascoli di Costantino Rozzi, dove rimase tre stagioni prima di chiudere la carriera nel Lugano. L’addio al calcio nel 1982, proprio l’anno in cui l’Italia tornava a vincere un trofeo internazionale dopo gli Europei1968. Proprio quelli furono i suoi Europei, con l'esordio in maglia azzurra, a vent'anni da poco compiuti e la grande ribalta. Ferruccio Valcareggi decide di lanciarlo proprio nella finale contro la Jugoslavia. Pietruzzo risponde presente e nella ripetizione del match all'Olimpico di Roma, realizza la rete del 2-0 con una splendida mezza rovesciata, prodezza che nel 2014 l'Uefa, per il proprio sessantenario, ha inserito tra i 60 più belli nella storia del calcio europeo.

Intanto la Juventus, il club della sua vita sceglie di salutarlo ''con una semplice parola grande quanto lui: Grazie!'' di sicuro il modo migliore per dire addio a Pietruzzo, calciatore d'altri tempi e simbolo di una generazione che sapeva ancora sognare.

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