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Calcio? No, arti marziali Se lo sport minore si scopre maggiore

Pallone e motori dominano per popolarità, ma discipline nascoste svettano per i valori trasmessi

Calcio? No, arti marziali Se lo sport minore si scopre maggiore

Altro che calcio. Stavolta guidano i «minori». Meno di otto mesi a Tokyo 2020. Il conto alla rovescia corre verso l'Olimpiade, l'espressione cardine del globo sportivo. La più coinvolgente, quella che più unisce gli appassionati e rappresenta l'apice per quelle discipline spesso oscurate dal calcio sport nazionale e pigliatutto. Nell'avvicinamento ai Giochi Olimpici un messaggio chiaro emerge da Sport Values Tableau e le accurate ricerche presentate dall'agenzia di comunicazione Dmtc e dall'OssCom (Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell'Università Cattolica di Milano). Lavori innovativi che hanno messo l'accento su un aspetto spesso trascurato da media e aziende investitrici: la capacità di coinvolgimento di uno sport basata sui valori percepiti dal proprio pubblico. Aspetto, questo, che vede a sorpresa il pallone, da sempre al vertice per popolarità, finire nelle retrovie, e rilancia sul podio discipline inattese, assegnando i primi tre posti ad arti marziali, canoa e surf. In tutto questo il calcio è infatti solo 25°, i cosiddetti sport minori spadroneggiano dunque per attrattività e impatto emotivo sugli appassionati.

I risultati arrivano da interviste a campione su oltre 1000 individui, di età tra i 18 e i 64 anni, coinvolgendo 55 discipline diverse. Ognuno ha risposto sui contenuti valoriali del proprio sport, e si è scoperto così che quelli poco popolari hanno un maggiore impatto emozionale, coinvolgono di più e dunque hanno una loro personalità, legata a bisogni espressivi e di identificazione del pubblico di riferimento. Valori che sono più intensi e trasversali (come determinazione, forza, tecnica, concentrazione, dinamismo, divertimento e partecipazione) rispetto ad altri più specifici (quali improvvisazione, eroismo, sensibilità e spontaneità).

L'onnipresente calcio pesa il 55% in termini di popolarità, seguito da nuoto (37%), automobilismo (33%) e motociclismo (31%) mentre i restanti 51 sport analizzati hanno una popolarità media al di sotto del 10%. I valori però si ribaltano in modo sorprendente considerando gli Sport Global Values Index, cioè gli indici valoriali, che rispecchiano la percezione reale del pubblico: 118.6 per le arti marziali e gli sport da combattimento, 114.6 per canoa e kayak, 113.5 per il surf, che tra l'altro a Tokyo debutterà alle Olimpiadi. A seguire pattinaggio (112.1), scherma (111) e pugilato (109.8) con il football costretto quasi a metà classifica (77).

Un responso che il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha commentato così: «Questa ricerca rende allo sport e ai suoi protagonisti un appeal poco considerato, perché difficile da misurare. Gli atleti sono portatori di valori sani, trasmettono emozioni forti che restano impresse nella mente e nel cuore. Questi aspetti sono stati trascurati a lungo, il rigore scientifico di questa metodologia è una risposta a chi premia la quantità rispetto alla qualità». «C'è orgoglio per questa ricerca» ha aggiunto Marco Del Checcolo, Ceo e fondatore di Dmtc, «per l'approccio metodologico innovativo e perché restituisce centralità alle discipline catalogate come minori...». E giusto per attenersi solo ai risultati, non sarà un caso che il nostro calcio ai Giochi Olimpici sia finito spesso nelle retrovie. Con la selezione femminile mai qualificata, con quella maschile fuori anche a Tokyo 2020 dopo i forfait di Rio e Londra. Andremo a caccia dei nuovi Fabio Basile nel judo, Daniele Molmenti nella canoa, Niccolò Campriani nel tiro.

L'oro che luccica, per davvero.

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