Il calcio vuole porte aperte e scorta il Milan dal giudice

Oggi la decisione sul ricorso. Ipotesi chiusura di un settore. Class action degli abbonati

Il calcio vuole porte aperte e scorta il Milan dal giudice

Risolvere un caso per poter poi correggere un errore e scongiurare che, a discriminazione, si aggiunga discriminazione. Oggi la Corte di giustizia federale si riunirà per esaminare il ricorso del Milan contro la chiusura di San Siro per la sfida contro l'Udinese. Una decisione ritenuta abnorme non solo dal club rossonero, ma praticamente da tutte le componenti del mondo del pallone. Il Milan non sarà solo oggi, al suo fianco ci sono le altre 19 società di Serie A che hanno firmato la lettera indirizzata alla Federazione. Ci sono i tifosi, anche con una class action di un gruppo di abbonati. E anche la Federcalcio che ha ammesso la necessità di rivedere le pene mentre Platini si è chiamato fuori: «Il concetto di discriminazione territoriale l'ho imparato qui».
Al coro ieri si è aggiunto il numero uno del Coni, Giovanni Malagò: «Serve buonsenso. Si corra ai ripari e si trovi una soluzione». É una «vicenda un pochino assurda» che nasce «sulla base di un regolamento dell'Uefa recepito dalla Federcalcio con l'integrazione della parola “territorialità”». Il presidente del Coni ritiene «che questa legge penalizza le società in virtù della responsabilità oggettiva». La situazione è delicata perché c'è «il rischio che si arrivi a un giudice, o a una serie di giudici, che col misurino dicono cosa è sfottò e cosa invece è discriminazione. Si rischia il ridicolo». Malagò come Galliani rilancia l'urgenza della legge sugli stadi e ricorda che una recente ricerca di mercato ha evidenziato la sempre maggiore «incidenza delle tifoseria ultrà». A proposito della quale il Ministro Graziano Delrio non usa mezzi termini: «In alcuni Paesi la mancanza del tifo organizzato ha determinato un aumento delle presenze allo stadio. Quindi bisogna rispondere in maniera molto dura alle manifestazioni di intolleranza e al razzismo, non di ironia perché bisogna saper distinguere».

Anche su questo si baserà la linea difensiva dei legali rossoneri di fronte alla Corte di Giustizia federale. Il Milan punta alla revoca della squalifica o una sanzione limitata alla curva. Che poi sarebbe anche l'idea che verrebbe seguita nel consiglio federale: continuare a chiudere un settore anche nei casi di recidiva e “cancellare” la chiusura dello stadio. In quel modo verrebbero meno anche le pene come le sconfitte a tavolino e i punti di penalizzazione. Sanzioni che espongono le società al rischio ricatti.
Un problema sottovalutato dai rappresentanti della Lega Calcio in Consiglio federale. Un problema che Andrea Agnelli riporta alle origini e inquadra con minor enfasi di parte: «Questi cori sono gli stessi da 20-25 anni ma erano stati ignorati. Ora, improvvisamente, poichè c'è un principio portato avanti dall'Uefa e condiviso dalla Figc e dai club, dobbiamo combatterli. Dobbiamo combattere per un cambiamento culturale, e questa lotta richiede un po' di tempo».
Nella sua difesa il Milan sosterrà che i cori in oggetto non sono catalogabili alla voce razzismo, inteso come discriminazione della dignità umana. Porterà le prove audio in cui non c'è traccia degli slogan e di un coro partito anche dalla curva bianconera a metà secondo tempo. Utile alla causa potrebbe rivelarsi anche il supplemento di referto chiesto agli ispettori.

Quella di oggi sarà la prima tappa: il Milan, in caso di mancata soddisfazione, non si fermerà. I prossimi passi sarebbero l'Alta Corte di giustizia del Coni che potrebbe anche disporre la temporanea riapertura dell'impianto e, in caso di seconda bocciatura, decidere la chiusura per la gara successiva. E poi Tar del Lazio e Consiglio di Stato.

Arrivare fino a quel punto potrebbe condizionare la convocazione del consiglio federale straordinario per rimettere a posto le cose sul piano delle sanzioni. Ancora una volta il mondo del pallone si è complicato la vita da solo.

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