Roma Sembrava una notte nerissima, di quelle che capitano raramente a una squadra abituata a vincere e a far gol. Eppure fino a quando è toccato ai portoghesi ribaltare l'esito della gara, della Juventus non c'era stata traccia all'Olimpico. Se non nel tocco maldestro in area di Emre Can che aveva regalato il vantaggio a una Lazio più presente in campo e capace di creare molti grattacapi a Szczesny e alla difesa bianconera. Una Juventus così ai minimi termini non si vedeva da tempo: squadra confusionaria, con tanti errori commessi in fase di disimpegno e di impostazione di gioco. Anzi, nelle ultime 14 stagioni non si era mai vista una Juve incapace di fare almeno un tiro in porta per 70 minuti.
Il rischio di macchiare lo zero del campionato nella casella delle sconfitte è stato un rischio abbastanza vivo, almeno fino a quando Allegri non si è giocato due carte dalla panchina (la prima, gioco forza, il cambio Bonucci-Chiellini per l'infortunio alla caviglia dell'ex milanista, che ora potrebbe star fuori per qualche settimana): Bernardeschi ha sistemato l'assetto tattico su un 4-4-2 più congeniale per una gara nella quale il centrocampo, orfano di Pjanic, ha sofferto come non mai; Cancelo si è fatto trovare pronto sull'errata respinta di Strakosha, timbrando un cartellino quanto mai pesante, e poi procurandosi un rigore (segnalato in un silent check della sala Var all'arbitro Guida) per un'ingenuità di Lulic. Così anche l'assente ingiustificato Cristiano Ronaldo, la cui presenza aveva avuto l'effetto di riempire lo stadio Olimpico come mai avvenuto per la Lazio in questa stagione, trova il suo momento di gloria con il penalty del sorpasso. E di fatto dell'ottavo scudetto consecutivo cucito sulle maglie della Juventus. Il +11 di vantaggio sembra inattaccabile anche se mancano ancora 17 tappe alla fine di un torneo che rischia di destare interesse solo per la corsa Champions.
La Lazio può rammaricarsi di non aver trovato che un solo gol pur avendo tenuto a lungo il pallino del gioco, complice anche una Juve mai così compassata e le cui assenze sono pesate a lungo più di quelle in casa biancoceleste. E quel pallone sparato alto da Immobile sull'1-0 è sicuramente il momento di svolta in negativo per la Lazio. I bianconeri, grazie ai cambi, ritrovano un minimo di coraggio e spinta e affondano in un quarto d'ora la squadra di Inzaghi. Bravo e coraggioso il tecnico di casa a schierare una formazione superoffensiva con tutti gli uomini migliori che almeno nella prima parte di gara hanno dato pochi punti di riferimento alla Juve. Penalizzata dall'assenza centrocampo del geometra Pjanic, ma rimessa a posto da Allegri quando il baratro sembrava vicino. Ronaldo, iscritto in Spagna nello speciale registro dei puniti e dei ribelli per 3 anni (non potrà avere cariche pubbliche, ad esempio), ha vagato sul campo dell'Olimpico senza palloni giocabili e ben controllato da Bastos. Ma nel momento in cui ha avuto l'occasione di mettere la sua firma sul match, non l'ha sprecata: 15° gol, quinto su rigore, ma Quagliarella lo ha scavalcato in classifica cannonieri.
Il guizzo è invece mancato a Dybala (dieci gol alla Lazio in passato) anche se la sua conclusione ha dato il là al pareggio di Cancelo. Il vero asso portoghese in campo è stato per una volta il terzino: devastanti le sue discese, importante il suo gol e la sua presenza in area. A una Juve meno affamata del solito, è bastato questo.
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