«In finale non ci sono le squadre più forti. Mi piaceva molto la Croazia. E anche l'Italia ci stava benissimo in questa partita», così Capello. Ma l'ex ct di Inghilterra e Russia, per nulla soddisfatto di come s'è giocato agli Europei, «in nove dietro il pallone e attacchi quasi sempre in contropiede», non ha reso giustizia a Portogallo e Francia, approdate con pieno merito alla partitissima di Parigi. A parer mio, ci mancherebbe, le finaliste sono risultate le migliori sotto il profilo tattico e tecnico, per qualità di fondamentali e quindi di palleggio, soprattutto a centrocampo. «E quando hai buoni centrocampisti, puoi guardare lontano», ama dire Guardiola che, se potesse, schiererebbe solo mediani e interni. In questo reparto il ct lusitano, Santos, ha ipotecato il futuro puntando su cinque giovanotti fra i 18 e i 24 anni, in primis Sanches e Gomes. Ma non sono certamente vecchi il 27enne Silva e il 29enne Moutinho. E poi il Portogallo ha mancato l'accesso in semifinale solo una volta dal 2000 a oggi. Un caso? Più matura in assoluto la Francia che, nella sua ultima versione, quella comparsa nell'intervallo con l'Irlanda, s'è affidata a gente dai piedi d'oro come Pogba, Matuidi, Sissoko, Kanté.
Incompiute, invece, le "preferite" di Capello.
La Croazia, pur ricca di talenti, è la solita squadra che spreca per mancanza di coraggio. L'Italia di Conte, solida e affidabile, ma solo con 12-13 titolari, è apparsa la copia del Portogallo con la differenza che da una parte c'è Ronaldo, dall'altra neanche un clone del Pallone d'Oro.
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