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Il capitano fatto in casa e la prima dello Spezia "Non per partecipare..."

Giulio Maggiore, 22 anni, cresciuto nel vivaioe già leader: "Vogliamo giocarcela con tutti"

Il capitano fatto in casa e la prima dello Spezia "Non per partecipare..."

Cenerentola è pronta per il gran ballo. Ma non vuole arrivarci con la faccia spaesata e sognante di chi è lì quasi per caso. No, la faccia è quella brutta (sportivamente parlando) di chi quel ballo se lo è conquistato con fatica e merito e quell'atmosfera da favola vuole godersela appieno e a lungo. Una favola, sì, perché lo Spezia in serie A era un sogno anche per il più accanito abbonato della Curva Ferrovia, cuore del tifo spezzino. Ma dopo una stagione estenuante, interrotta e ripartita causa Covid, e playoff lunghissimi, gli aquilotti hanno conquistato la prima storica promozione in serie A dopo 114 anni di storia. «A ne ghe credo!», lo slogan scelto dalla società, giocando tra gioia e dialetto. Ma è tutto vero. «Ed è speciale, pazzesco. Erano 4 anni che ci provavamo, un sogno che si è realizzato». A raccontarlo al Giornale è Giulio Maggiore, talento dell'under 21 azzurra ma, nonostante la giovane età, capitano e simbolo dello Spezia. Lui che a Spezia è nato e cresciuto e dove è voluto rimanere a giocare nonostante le tante offerte, su tutte quella del Milan quando era solo un ragazzino; lui che ha rifiutato di giocare il Mondiale Under 20 per potersi diplomare. «Andavo a vedere lo Spezia in curva quando ero piccolo e ora giocare in serie A con la mia squadra del cuore è qualcosa di incredibile. Posso capire cosa provano i tifosi». Una gioia incredibile, per una piazza sì di provincia ma con un tifo appassionato, una curva caldissima e una storia tutta speciale.

Era il 1944, l'Italia dilaniata dalla guerra e il campionato, prima ufficiale poi disconosciuto dallo stesso regime, si gioca tra rischio bombardamenti, trasferte improvvisate e la paura di bombe e rastrellamenti. Alla fine quel torneo un po' improvvisato ma non per questo meno vero, viene vinto dai Vigili del Fuoco della Spezia, che battono in finale la Fiat Torino che altro non era che il mitico Grande Torino. Quel titolo, passato alla storia come scudetto di guerra non fu mai assegnato ufficialmente. Ma nel 2002, dopo anni di richieste inascoltate, la Figc ha riconosciuto allo Spezia quel titolo, seppur non equiparato a uno scudetto vero e proprio. Sta di fatto che da allora le Aquile possono sfoggiare una coccarda tricolore sulle maglie. Ora anche in serie A.

«Adesso arriva il bello e anche il complicato. Il primo anno in serie A sarà dura ma ce la vogliamo godere al massimo e proveremo a giocarcela con tutti», racconta Maggiore. Certo, sarà dura per la matricola ligure ma la dirigenza spezzina ha le idee chiare. Il patron Gabriele Volpi sta allestendo una formazione di buon livello senza però perdere d'occhio il bilancio. Lui, petroliere, avrebbe la forza economica per portare a Spezia giocatori di primo piano ma il progetto è quello di crescere passo passo senza colpi di testa. Atalanta e Sassuolo i modelli di riferimento di una società molto organizzata anche a livello giovanile. «Il patron non gioca mai per partecipare o fare brutte figure. È molto ambizioso, vuole mettere insieme una squadra adeguata per fare bene», conferma capitan Maggiore. Lui che è posato, misurato e freddo in campo a dispetto della giovane età ma che se deve sognare, lo fa in grande. «Già arrivare in serie A sembrava impossibile, ma ora la cosa più bella sarà giocare a san Siro. Da piccolo simpatizzavo per l'Inter e giocare nello stadio più simbolico del calcio italiano sarà emozionante. E se chiudo gli occhi... Sogno un gol all'Inter proprio a San Siro».

Un sogno, per ora. Ma anche la serie A lo era. E adesso per una squadra, e una città intera, è diventato realtà.

Una realtà da favola che la Cenerentola Spezia vuole godersi ballando con le grandi.

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