Cavalier errante del gol, Edin non tradisce: ispira, segna e toglie il record a CR7

Il calcio di Dzeko esprime qualità, forza e buone idee. E ora è il più vecchio bomber a realizzare una rete nella finale di Supercoppa: 36 anni e 307 giorni

Cavalier errante del gol, Edin non tradisce: ispira, segna e toglie il record a CR7

Niente di meglio che a casa di Cristiano Ronaldo. Dite gol? Certo, ma che gol! Nemmeno lo abbia mandato il Dio del pallone. Ci sono momenti che il calcio chiama e il destino risponde. Forse ieri ha risposto. Cristiano Ronaldo era il giocatore di età più avanzata (vabbè solo 35 anni e 350 giorni per la precisione) ad aver realizzato un gol nella finale di Supercoppa. Gli capitò con la maglia della Juve, ovviamente, esattamente due anni fa. Fu il via al successo contro il Napoli e per CR7 il gol numero 20 della stagione nonché 760 della carriera. Un record con fiocchetto dunque. Ma proprio dove CR7 è andato a pensionarsi, Edin Dzeko ha sciolto qualche fiocco. L'airone bosniaco lo ha detto con un gol: ora il più vecchio sono io. E tanti saluti al record. Si presume che CR7, davanti al masticar amarognolo, avrà apprezzato la bellezza dell'azione e dell'esecuzione. Gol da mettere in foto sotto diversi aspetti. Ma la didascalia dirà: segnò questa rete a 36 anni e 307 giorni. Record che sarà duro da battere. Ieri la sfida era con l'avversario più diretto per la serie vecchio è bello. Poteva toccare a Giroud i cui anni sono altrettanti, cioè 36, ma con meno giorni di vita: 110.

Bellissima sfida fra artisti del gol (odierni e passati), Dzeko si è preso la parte dipingendo un gol prima ancora di segnarlo. Vien da sorridere nel pensare che questo doveva essere l'anno del suo star comodo in panchina per lasciar spazio a Lukaku e semmai sostituirlo. Il pallone, per fortuna, si è preso la parte e la rivincita. La classe e la tecnica raffinata di Dzeko hanno fatto il resto davanti ai limiti del belga.

Il bosniaco, una volta di più, ha fatto lezione: il meraviglioso passaggio smarcante a Barella, che poi ha mandato il milanese (unico della specie) Di Marco al primo gol nerazzurro. A seguire la prova d'autore, giocandosela con il trafelato Tonali, prima di mirare con il destro l'angolo impossibile della porta di Tatarusanu, con precisione da calibro di tiro. E mettiamoci anche quella girata di sinistro, fra gambe e corpi, che poteva valere una terza rete interista nel primo tempo. Cavaliere errante del gol (con l'Inter sono 28 in tutto, 11 quest'anno), implacabile fornitore di assist e di buone idee per un calcio che profuma di qualità, Dzeko non è nemmeno un agnellino quando se la vede con i fustoni delle difese. Con Tomori sono stati colpi e sgarbi sempre al limite del fallo o non fallo: teste che si sbattono un contro l'altra, palloni rubati uno all'altro, una vera guerriglia pallonara. Ma cosa volete sia per un ragazzino cresciuto tra macerie e sotto i bombardamenti nella ex Jugoslavia. Un giorno disse: «La guerra mi ha reso più forte.

E se il calcio non può risolvere problemi tanto grandi, può aiutare a non farti pensare».

E, guarda caso, Dzeko, che aveva sei anni allora, tifava Milan: amava Van Basten. Ieri avrà detto e pensato: Visto Marco? Che te ne pare? E pazienza se nei sogni da ragazzino era il Milan a vincere. Non la sua Inter.

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