Champions, non sono i soldi a far vincereil commento 2

di Tony Damascelli
Non è giusto che si debba giocare contro una squadra che schieri Ibrahimovic. Non è giusto che si debba sfidare una squadra che presenta Cristiano Ronaldo. Oppure Messi o Robben e Ribery. Insomma non è giusto perché, come all'oratorio, o si è alla pari oppure non c'è partita. Che cosa sta dimostrando questa champions league, a parte che il fattore campo è una favola antica e smentita? La champions dimostra che i punti conquistati sul campo non contano e non servono a nulla, infatti il Napoli con i suoi 12 ottenuti nel girone di qualificazione è rimasto a casa, il Milan con 9 è passato, addirittura sono bastati 6 punti per promuovere lo Zenit che poi ha beccato quattro gol in casa dai tedeschi del Borussia di Dortmund, oppure le qualificazioni con 7 punti del Galatasaray o con i 10 di Olympiakos e Shalke 04. Oltre le classifiche e i punteggi esiste una realtà tecnica evidente che prescinde dai campionati di provenienza. Nessuno può dire che la Premier League non sia «allenante» ma Arsenal e i due Manchester le hanno buscate e il Chelsea di Mourinho ha pareggiato a Istanbul. La differenza la fanno i campioni, quelli veri: Ronaldo, Ibra, Messi appartengono a questa tribù e trascinano i loro compagni di squadra, Benzema, Bale, Lavezzi, Cavani, Iniesta, Xavi, a prestazioni e risultati eccellenti. La differenza non la fanno i soldi ma i soldi spesi bene, perché i 100 milioni (comunque enormi) del Real Madrid per Gareth Bale vengono giustificati dai 14 gol, non marginali, in 27 partite, così come i 36 gol in 37 presenze di Ibrahimovic, i 36 gol in 33 partite di Cristiano Ronaldo, i 26 in 29 di Messi. Pensate forse che i nostri club non siano riusciti, per mancanza di fondi, a prendere i fuoriclasse? Tre esempi, la Juventus e le due milanesi. Il club di Torino ha speso negli ultimi tre anni 140 milioni, l'Inter 135, il Milan 105. Non vengono contate le entrate, per riequilibrare (non sempre) il bilancio e rispettare il fair play finanziario. Dunque i soldi sono usciti ma per arrivare a calciatori non tutti di assoluto livello come quelli citati. Tevez e Balotelli, per segnalare i migliori, appartengono al gruppo dei buoni calciatori ma non dei fuoriclasse e campioni che Inter, Milan e Juventus hanno avuto nella loro storia, anche recente. La champions conferma dunque questo dato: chi ha a disposizione i migliori va avanti, prescindendo a volte dalla qualità del football espresso. La champions del Real Madrid dimostra che Carlo Ancelotti ha trasmesso al gruppo quella maturità ed equilibrio indispensabili, dopo la nevrastenia conosciuta e riconsciuta di Mourinho. La champions del Barcellona dice che da Guardiola a Martino il prodotto non cambia anche se il logorio fisico di Messi preoccupa. La champions del Paris Saint Germain conferma che non è certo Laurent Blanc e nemmeno Lavezzi, Verrati, Pastore o Cavani a lanciare i parigini ma la semplice, si fa per dire, apparizione, o presenza, di Zlatan Ibrahimovic. Idem per il Bayern di Monaco che con Guardiola ripete le cose fatte con Heynckes grazie a Ribery e Robben, luci della truppa bavarese.
Il totale, ahimè, porta al saldo negativo, non soltanto per il conto in banca ma per una certa gestione scriteriata del denaro, spesso pilotato dai procuratori più che dai direttori sportivi e dai presidenti, oltre che da evidenti errori di competenza.


C'è sempre la speranza del ciuffo d'erba, del palo, del rigore sbagliato, dell'infortunio o della squalifica che possano premiare gli sforzi dei più deboli. Per il resto sappiamo che dobbiamo arrenderci, il campione abita in una casa lontana dalla nostra e noi fatichiamo a pagare anche la tassa sui rifiuti. Degli altri.

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