Champions, se la vendetta di Salah deve fare i conti con l’appetito di Carletto

Il Liverpool vuole la rivincita quattro anni dopo Kiev, ma Benzema e compagni la pensano diversamente

Salah esulta dopo un gol
Salah esulta dopo un gol
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A Kiev, il 26 maggio 2018, tira una brutta aria se sei seduto dalla parte degli scouser. Ramos - l’aria garrula di chi l’ha appena combinata grossa - ha disinstallato Salah con una carezza delle sue: l’egiziano esce in lacrime, la spalla contusa, i sentimenti ancora di più. Nella parte rossa del Merseyside qualcuno rovescia una pinta per la rabbia. Il ciarpame fabbricato in serie da Karius fa il resto. Il Real preme la coppa contro il cielo ucraino, ancora impermeabile all'orrore. Klopp sfodera un sorriso di circostanza, spinge la grossa montatura di celluloide sul naso sudato e rimugina fitto. Zidane pilucca avidamente quando esce a cena con la Champions. Il dialetto scouse, stasera, è imbevuto di inflessioni lugubri.

Quattro anni dopo molti sono ancora al loro posto, mentre altri hanno accettato un giro di giostra altrove. Dicono che il tempo sappia medicare le ferite che buttano. La risposta giusta non esiste, ma il dolore sportivo - quello che ti fruga dentro cercando tutti i punti scoperti - lo copre soltanto una gioia inedita. Klopp adesso non ha più quei grossi occhiali. Ha deciso di operarsi. La spalla di Salah è tornata al suo posto da un pezzo. “Abbiamo un conto da saldare”, ha avvertito il discendente più diretto della dinastia faraonica. Anche Sadio Manè scalda le giunture: c’era, quella notte, come i terzini totali Robertson e Alexander Arnold e come il monumentale Van Dijk. Oggi la porta è murata da Alisson e lo scarto col passato è fenomenale. Quel rudimentale complesso rock adesso lambisce la perfezione dei Beatles. La vendetta ha sempre un sapore orgasmico, anche se ingurgitata fredda.

Il problema è che devi fare i conti con chi è seduto dall’altro capo della tavola apparecchiata. Perché se i Reds hanno fatto fuori l’Inter, il Benfica e il Villarreal, manifestando anche qualche problemuccio, le Merengues arrivano in finale dopo aver fatto strage di colossi. Benzema, in condizioni di estasi calcistica, ha preso a pallonate PSG, Chelsea e Man City. Al suo fianco svapora l’irritante Vinicious, mentre in mezzo comandano i soliti noti: Modric, Casemiro e Kroos c’erano anche a Kiev. Non ci sono più Ramos e Varane, ma la retroguardia ha comunque indovinato una sua solidità, grazie anche alla fiducia riposta in Courtois. Manca Zidane, ma al suo posto c’è l’unico che può vantare una relazione ancora più intima con la Champions. Roba da lingue che incocciano i rispettivi palati. Carlo Ancelotti e la coppa dalle grandi orecchie si agganciano, si esplorano e si amano da troppo tempo.

Ogni volta che il Madrid stava per sprofondare - parecchie, in questa edizione - quel sopracciglio alzato allo spasmo l’ha resuscitato.

Nel Merseyside il cibo non è mai stata la specialità della casa. Quel piatto freddo non vedono l’ora di sbafarselo. L’appetito di Carletto però è una variante che se ne infischia dei piani nutrizionali.

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