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City e Liverpool: show alla pari tra ricche ma non solo

Finisce 2-2 il big match di una Premier apertissima. Guardiola resta un punto davanti a Klopp

City e Liverpool: show alla pari tra ricche ma non solo

Duane Thomas, estroso giocatore dei Dallas Cowboys, tanti anni fa disse: «Ma se il Super Bowl è la partita del secolo, perché viene giocato ogni anno?». Ecco, per Manchester City-Liverpool può valere lo stesso concetto. In campo ieri in casa del City ed etichettata come partita senza domani, ma anche sabato prossimo per la semifinale di Coppa d'Inghilterra a Wembley e potenzialmente pure allo Stade de France di Parigi per la finale di Champions League del 28 maggio. Tre competizioni diverse, ognuna con la propria storia e la propria possibile etichetta apocalittica, e intanto la gara di ieri, chiusasi 2-2, è arrivata e si è sviluppata con toni roboanti ed epici: un duello di costante posizione, tattica, tecnica, con scorci di durezza e quell'elemento di appoggio e sprone ansioso dalle tribune che si è conservato quasi inalterato nel pur marcato decadimento dell'atmosfera media degli stadi inglesi.

Il City conserva un punto di vantaggio a sette giornate dalla fine, e anche in caso di vittoria e +4 non avrebbe avuto che una sicurezza temporanea, ma l'altissimo livello mostrato è qualcosa che va oltre l'esito di questa stagione. Già rimasto sulla panchina della metà azzurra di Manchester più che su qualsiasi altra (siamo a sei anni, contro i quattro al Barcellona), grazie alla struttura del club Pep Guardiola ha creato una macchina quasi perfetta, a prescindere dai mezzi economici, enormi, a disposizione: si è speso bene, non solo tanto, e con la cessione di elementi del vivaio il saldo netto è inferiore a quello di club come Everton e Aston Villa, che hanno sborsato di più senza ottenere risultati.

Stessa trafila per il Liverpool, che ha proprietari addirittura più oculati di quelli del City: nell'ultimo decennio i Reds hanno, nel saldo, fatto meglio dei soliti Everton e Aston Villa ma anche Arsenal e West Ham, scegliendo il momento giusto per rinnovare i contratti, gestendo con oculatezza quelli dei giocatori meno giovani (ecco i tentennamenti persino su un fuoriclasse come Mohamed Salah, 30 anni a giugno) e rinnovandosi senza follie.

È la lezione di entrambe, al di là del gioco: ricche, ma non sceme.

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