Clarence I, «l'anti virus» «Credo in filosofia e gol»

MilanelloPalloncini colorati ai cancelli, qualcuno di colore orange, giornalisti provenienti da Olanda, Brasile e Giappone, posti in piedi nella sala-conferenze di Milanello, oltre un'ora consumata tra domande e risposte. «Ma è arrivato con la papa-mobile?» la battuta fulminante di un cronista. No, è arrivato Clarence Seedorf, accolto, è vero, come un capo di stato, dallo sbarco a Linate fino alla presentazione ufficiale di ieri. Che è stata scandita da una striscia di parole d'ordine e da qualche suggestivo concetto: filosofia il sostantivo più volte ripetuto, entusiasmo, gioia, allegria i sentimenti da coltivare, il recupero degli autentici valori del Milan l'obiettivo dichiarato per il futuro immediato.
Clarence Seedorf è stato subito di parola. Perchè prima di chiudere il sipario sull'allenamento a cineoperatori, fotografi e cronisti, ha dato il via a un riscaldamento tutto centrato su un giochino tipo “ruba-bandiera“, con i rossoneri che si rotolavano sull'erba felici. «Bravo, molto bravo» il primo giudizio di Galliani che ne ha ascoltato i passaggi, conquistato anche lui dai primi passi del “professore“. Il quale ha risposto in tre lingue (italiano, portoghese e olandese) e salutato uno a uno tutti i cronisti della sua esperienza da calciatore. Più che una conferenza-stampa è sembrata un'enciclica, qui e là arricchita da annotazioni tecniche. Per esempio a proposito della scelta: «Ha avuto coraggio il Milan». A proposito dell'attuale scombinata squadra: «Ho visto molte partite in tv, meritava di più dell'attuale classifica, una brutta bestia». Oppure: «Nessuno qui da colpe a nessuno: questo significa che il gruppo c'è, è fondamentale perchè così hai le gambe più leggere». O ancora: «Sono emozionato, devo dimostrare tutto, sono pronto per la sfida, mi piacciono le sfide». Sbrigativo sul sistema di gioco: «Più che sul modulo, io gradisco il 4-2-3-1, credo nella filosofia, vorrei sfruttare le grandi qualità che abbiamo in attacco e realizzare un gioco più offensivo per portare un gran numero di nostri giocatori in area avversaria». Ma senza citare esempi da seguire nè modelli da imitare. A chi gli ha parlato di Leonardo (che così fece giocare il Milan) ha risposto così: «Non so di Leonardo». Quasi un “Leonardo chi?“.
L'uomo, dotato di talento, è molto intelligente. E ha capito subito come muoversi dimostrando d'aver anche studiato un manuale di diplomazia. Per esempio ha citato più volte l'intesa personale con Galliani, non soltanto il presidente Silvio Berlusconi che arriverà la prossima settimana per incoronarlo («onoratissimo di avere la fiducia del presidente che ha fatto tantissimo per il calcio italiano e mondiale»). Ha spolverato il ruolo di Tassotti («superimportante») e dato una risposta educata e appuntita a Van Basten («chi ha dubbi è giusto che li esprima, ma sono pochi quelli che hanno cominciato con esperienza!»). Ha giocato con l'inviato di “quelli che il calcio“ scegliendo tra panettone e colomba, il primo, «ma lo conservo in frigo per il prossimo Natale» la battuta pronta. Segno che si è calato nel nuovo ruolo, senza tradire nemmeno un briciolo di nostalgia per il cambio improvviso, «non ho tempo di pensare al passato», anzi confermando d'essere già pronto perchè «ho preparato il dopo calcio, non volevo finire depresso come molti miei colleghi».
Ha accarezzato Balotelli («Mario è un ragazzo molto dolce, sono qui per aiutarlo e farlo crescere») ed eletto infine Kakà leader del gruppo. Su questo punto il passaggio più suggestivo del primo discorso di Seedorf. «Kakà sarà un punto di riferimento per tutti e aiuterà gli altri a recuperare i vecchi valori che si sono smarriti con l'addio dei senatori. Il dna non si perde, si può avere qualche virus ma l'anti-virus sta arrivando» la sua garanzia che vale più di un acquisto sul mercato, peraltro smentito dallo stesso Galliani (anche perchè l'infortunio capitato a Pazzini non è così grave, «guarirò in pochi giorni» ha declinato ieri l'interessato).
Che il credo di Seedorf sia berlusconiano doc è dimostrato da un paio di concetti espressi durante un sabato colmo di attese e di pioggia in cui si è pochissimo parlato di Verona e tanto di filosofia ed entusiasmo. «É più facile vincere quando si gioca bene» il comandamento sposato, sarà felice Arrigo Sacchi.

Seguito dall'appello rivolto ai tifosi e da una chiosa dedicata alla partita di stasera che ieri sembrava distante anni luce. Ha dettato Clarence I°: «Dobbiamo pensare a quello che possiamo fare noi, sono gli altri che devono sentire la pressione».

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