Come in un film l'odio è adrenalina

Olimpia impugna un fioretto e non è buona. Medaglia d'oro alle sorelle contro. È la vittoria della rivalità che si fa forza: tre ragazze che non si sopportano si mettono insieme e si prendono il mondo. Si baciano, si incitano, si supportano Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca, Arianna Errigo. La prima non può vedere la seconda, ricambiata. La terza non sopporta la seconda, ricambiata. È il triangolo della rivalità che si trasforma in energia. Campionesse. Le più forti del mondo, le più forti di tutto, le più forti di tutti. È nostro l'oro. Non ci prende nessuno. Facciamo bingo: l'Italia domina l'intero podio dell'individuale e il titolo olimpico a squadre. Che vuoi di più? Pretendi pure che siano amiche? Lo sport non obbliga ad andare d'accordo. Esci con chi vuoi, ma poi lotta con i tuoi compagni. Bastano 40 minuti di sforzo per una cosa più grande. La forza delle donne è riuscirci. Guarda il nuoto maschile: si sono scannati e hanno fatto splash. Qui no: qui l'odio si trasforma in adrenalina. L'abbraccio finale è vero giusto per la sua durata. Ed è vincente. L'oro vale più del bon ton. Sono venute qui per la medaglia, non per prendere il tè assieme. Sul podio di ieri erano tutte e tre sorridenti, con Ilaria Salvatori, la quarta, non partecipe alla vittoria e non alla sfida intestina precedente. Sul podio dell'altro giorno c'era una felice e due tristi. I volti raccontavano molto, le parole hanno fatto il resto. Alla vigilia delle Olimpiadi sono tornate alla memoria le polemiche delle settimane precedenti: «La Vezzali non sa perdere», disse la Errigo. Valentina rispose. Più volte sono venuti fuori i rapporti agitati tra la Vezzali e la Di Francisca, che il giorno dell'oro ha detto: «Erano anni che aspettavo questo momento». Come a dire: finalmente l'ho spodestata quella.
Si battono il cinque quando salgono in pedana insieme. Ecco le sorelle d'Italia. Sorelle rivali. Dorina Vaccaroni diceva: «Non si possono avere amiche tra le compagne di nazionale. Si è prima nemiche». Ora cantano, ballano, si muovono insieme. Sotto la stessa bandiera, sullo stesso gradino. L'Italia le guarda e dice loro grazie. Chissenefrega se si vogliono bene. Meglio vincere da rivali che perdere essendo ipocrite. Eva contro Eva che diventa Eva con Eva. Le donne sanno gestire le loro emozioni meglio degli uomini.
Accade a noi, accade ad altri. Bisognava vederle le ragazze della ginnastica artistica americana: durante la prova individuale erano delle iene. C'erano le russe e le cinesi e tutte le altre, ma loro pensavano soltanto a marcarsi tra loro. Tre piccole belve che volevano solo il sangue dell'altra con la stesso body. Con psicodramma incluso. Perché in semifinale erano in tre: secondo, terzo e quarto punteggio. In finale entravano in otto. Avevano diritto tutte, ma il regolamento dice che ogni paese può avere al massimo due ginnaste. Allora dentro la seconda e la terza, fuori la quarta. Pianti furiosi, cattiverie varie, accuse di complotti. I social network scatenati. Sembrava una puntata di Make it or break it, il telefilm Usa ambientato in un liceo dove c'è la miglior squadra di ginnastica scolastica del paese. Tutte brave, tutte belle, tutte rivali. Trenta ore dopo erano tutte sul tappeto per la gara a squadre: oro. Sorrisi, felicità, lacrime. Di gioa, stavolta. Una medaglia con le altre non è come quella da sola.

Ma una medaglia con le altre è meglio che battere le nemiche senza prendersi nulla. Vezzali, Di Francisca, Errigo si odino ancora se poi finisce così. Il traguardo è comune, le strade diverse. Amiche-nemiche. Vincenti insieme nella sospensione del tempo. Per la rivalità c'è il resto della vita.

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