La distanza, con la classifica sotto gli occhi (75 punti contro 46), è chilometrica. Molto meno accentuata quella più recente documentata dalle due semifinali di coppa Italia: 1 a 1 a San Siro, prima del lockdown, con un rigore contestatissimo di CR7 e 0 a 0 allo stadium con i rossoneri in 10 contro 11 per un'ora quasi e rigore deviato sul palo da Donnarumma. Pare l'inizio della traversata milanista per raggiungere la sponda ambita dell'Europa calcistica. «È una sfida complicata, il Milan ci ha sempre creato difficoltà» riconosce Sarri che vive, grazie alla prodezza romana dei rossoneri, ore meno tormentate avendo scavato un fossato più largo rispetto alla Lazio. «Giochiamo contro i migliori, servirà uno sforzo straordinario» replica da Milanello Stefano Pioli finalmente soddisfatto dalla striscia post Covid-19 che mette insieme risultati e prestazioni, un combinato disposto raramente raggiunto nei precedenti mesi. «È questo il mio Milan, prima non abbiamo avuto né continuità né precisione» sottolinea da ragioniere per stabilire il cambio di registro non solo tattico ma anche di testa del suo gruppo rifiorito.
Entrambi chiacchierati, uno per la sconfitta nella finale di coppa Italia e il gioco poco spettacolare, l'altro perché considerato di passaggio, entrambi accompagnati all'uscio dagli scenari dei media, sembrano invece usciti a braccetto dalla galleria del vento senza farsi scompigliare più di tanto. «Non penso al 3 agosto» spiega Pioli che conosce benissimo quella data, la fine del torneo con la contabilità del suo lavoro e il confronto finale con Gazidis, che ha già scelto Rangnick come suo successore. «Non ci sarà il tempo per preparare la Champions» sostiene Sarri sapendo perfettamente che quello è il tempo del giudizio universale per lui e per la sua Juve chiamata a rimontare i francesi del Lione, tanto per cominciare.
Di diverso, tra Juve e Milan, c'è anche il rapporto dei due tecnici con la rispettiva truppa. Perché Sarri riconosce in pubblico «di litigare solo con Higuain», destinato tra l'altro a prendere il posto dello squalificato Dybala (insieme con De Ligt), una sorta di contrappasso rispetto al 12 giugno quando toccò al Milan presentarsi a Torino senza Ibra, Theo e Castillejo, tutti sotto squalifica. D'altro canto Gonzalo, a sentire sempre il suo mentore ai tempi di Napoli, è fatto così («deve avere un contraltare aggressivo per trarre fuori il meglio, puoi esaltarlo o sbatterlo al muro»). È una tecnica raffinata, utilizzata a volte anche da Allegri e Ancelotti, farsi odiare attraverso qualche esclusione per poi scatenare la migliore delle motivazioni. Si tratta di psicologia applicata al calcio d'accordo ma di questi tempi in cui si gioca ogni tre giorni, senza allenarsi e con recuperi improbabili, serve anche questo. Pioli invece da sempre coltiva una liaison con Ibra («il più forte calciatore mai allenato» e te credo!) e Rebic («spero sia d'esempio per tutti») che sono poi i due trascinatori di questo torneo estivo, anche se a mezzo servizio durante le ultime puntate.
A Torino, in coppa Italia, il primo rimase in disparte, l'altro si fece espellere per intervento scomposto eppure il resto del gruppo tenne botta con rigore tattico e l'occupazione degli spazi che sono un altro requisito dell'ultimo Milan.
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