di Franco Ordine
H anno rieletto Maurizio Beretta, il presidente assente, da tempo al lavoro con Unicredit. Per segnalare il suo scarso feeling con il calcio italiano lo avevano ribattezzato «il presidente della lega anti-fumo». Lo hanno rivotato e devono tenerselo per altri 4 anni. Facile la spiegazione: la maggioranza dei presidenti di serie A ha deciso di assumere il controllo stesso della Lega e la sua rappresentanza politica in federcalcio ricacciando indietro ogni altra figura di manager indipendente. È bastato infatti l'accordo elettorale tra i sostenitori dei due blocchi, Beretta appunto, sponsorizzato da Lotito e Galliani, patron di Simonelli poi uscito di scena, per far maturare la svolta. Con Beretta, sono state occupate anche le altre caselle rimaste vuote: garantita la complessiva governance. La poltrona di vice-presidente unico della Lega è stata destinata ad Adriano Galliani in riconoscimento della sua collaudata esperienza nel settore, quella di consigliere federale a Lotito e Pulvirenti (Catania), mentre la variopinta pattuglia di presidenti tra cui Cairo (Torino), De Laurentiis (Napoli) e Lo Monaco (Palermo) farà parte del consiglio di Lega insieme con Ghirardi (Parma), Guaraldi (Bologna), Cellino (Cagliari), Percassi (Atalanta), Pozzo (Udinese) e Preziosi (Genoa). Mezza serie A al comando, insomma. Sono rimaste fuori, da ogni intesa elettorale e perciò incarico, le altre due grandi storiche, Inter, Juve oltre a Roma e Fiorentina. Avevano puntato durante la precedente assemblea di venerdì 11 gennaio su Abodi (rifugiatosi nel ridotto della serie B) prima di rimanere senza candidato e anche senza una exit strategy. Agnelli e Moratti, spiazzati dall'intesa Lotito-Galliani, hanno detto no a Beretta il quale ha raccolto, dopo una operazione di voto annullata, il quorum indispensabile: 14 preferenze su 20. Beretta ha fatto sapere che continuerà a lavorare per Unicredit, il funzionamento degli uffici sarà garantito dal dirigente Brunelli. Più che recapitare i complimenti a Beretta per il doppio stipendio, forse è il caso di reclamare dal manager ex Fiat, un tempo collaboratore di Montezemolo in Confindustria, una scelta decisa, lasciando Unicredit, banca che, vale la pena ricordarlo, controlla ancora la Roma.
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