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Conte come Mourinho. C'è il Barcellona a indicare la retta via

Nell'anno del triplete, la sfida portò alla finale Ora vale l'esame di maturità. Ma senza Lukaku

Conte come Mourinho. C'è il Barcellona a indicare la retta via

L'importante è non dirlo a lui. Un po' perché rifiuta ogni paragone, ancor più se ingombrante. Un po' perché legittimamente vuole fare la sua di strada e, semmai, entrare nella storia in autonomia. Però è innegabile che Antonio Conte abbia una certa somiglianza con Josè Mourinho. «Loro hanno fatto qualcosa forse di irripetibile, grande rispetto. Fare dei paragoni è impossibile sono epoche diverse», liquida Conte. Ma alla vigilia di Barcellona-Inter, la partita che di fatto ha portato lo Special One del pantheon nerazzurro, l'idea di un parallelo fa sognare i tifosi.

Così diversi ma anche così simili, il portoghese e il salentino. L'esultanza rabbiosa di Conte sabato scorso, al termine della gara con la Sampdoria, con i due pugni chiusi agitati sotto lo spicchio di tifosi nerazzurri arrivata subito dopo aver abbracciato i suoi ragazzi, ha ricordato tanto le corse a perdifiato, gli abbracci e le esultanze pittoresche firmate Mourinho. Così come il petto contro petto con Lukaku dopo il gol nel derby ha richiamato alla mente quello simile di Mou con Maicon nel 2008. E alla prima occasione, Conte ha attaccato frontalmente la Juventus e Sarri sul tema degli alibi, quando Mourinho era maestro assoluto nel «sentire il rumore dei nemici» quando gli conveniva, tanto quanto nell'umiliarli quando agli altri toccava l'onta degli «zero tituli».

Ma soprattutto in comune i due allenatori hanno l'impatto devastante che hanno avuto sull'ambiente Inter e la voglia di vincere anche per merito di una compattezza che, guarda caso, prima e dopo di loro non si era mai vista nel mondo Inter. Testa bassa, elmetto in testa, giocatori difesi da tutto e da tutti e petto in fuori per ostentare l'orgoglio di essere all'Inter non basterebbero se non ci fossero anche i risultati sul campo. Mourinho ha scritto la storia con il triplete che ancora fa brillare gli occhi dei tifosi. Conte si è presentato con un 6 su 6 in campionato che non si vedeva dai tempi di Herrera, ancor recordman con 7 su 7. Eppure entrambi sanno bene che il calcio sa essere crudele. In quel maggio del 2010, Mourinho si presentò al Camp Nou forte del 3 a 1 dell'andata a San Siro. Ma dopo 27' del primo tempo Thiago Motta viene espulso complice una sceneggiata di Busquets. L'Inter si copre, difende con il coltello tra i denti, incassa solo un gol nel finale e conquista la finale di Champions che poi vincerà. Uno snodo decisivo. Senza quella sofferenza, niente coppa e, forse, per via delle ripercussioni mentali, magari anche niente scudetto. Ora siamo soltanto ai gironi e la storia è ancora tutta da scrivere ma per Conte è un bivio già fondamentale, specie dopo «aver toppato», parole sue, l'esordio europeo contro lo Slavia Praga. Un risultato positivo potrebbe lanciare l'Inter, di nuovo. Ora come nove anni fa. Senza Lukaku, rimasto a Milano per un affaticamento muscolare, contro un Barcellona con Messi ancora in dubbio.

Ma per entrare nella storia, o almeno provare a metterci un piedino, può andar bene chiunque.

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