«Oggi i veri top player sono gli allenatori». Come dar torto a Marcello Lippi se un battibecco come quello tra Maurizio Sarri e Roberto Mancini (probabilmente all'ordine del giorno ogni domenica dalla Terza categoria in su e chiuso ieri elegantemente dal tecnico interista: «Accetto le scuse») tiene viva l'attenzione di giornali e televisioni per tre giorni di fila? Seppur deprecabile nei contenuti, la banale querelle tra i tecnici di Napoli-Inter è riuscita persino a oscurare completamente una vicenda ben più intricata ed inquietante come quella dello scandalo del tennis. Ma tant'è: i «mister», come continuano a chiamarli i giocatori di tutto il mondo, sono sempre più al centro del pallone. Puoi avere Messi e Cristiano Ronaldo, ma alla fine sotto i riflettori prima e dopo la partita ci finiscono un Luis Enrique o un Benitez qualsiasi. E se accadesse solamente prima e dopo la partita, la cosa potrebbe ancora essere giustificata; il problema vero è che ormai gli allenatori sono protagonisti fisicamente attivi anche durante le gare. Basta guardarli all'opera: è mai possibile che tutti questi santoni della panchina ormai la panchina non la usino nemmeno più? È mai possibile che tutti questi indiavolati scattino in piedi al fischio d'inizio e si siedano solamente per la conferenza stampa dopo i minuti di recupero? Allenatori urlanti e gesticolanti in continuazione, sempre in piedi a bordo campo, a dettare persino le rimesse laterali come se i loro giocatori non sapessero fare un solo passaggio senza le indicazioni di questi vigili da stadio. Alla fine si scopre che le espulsioni fioccano quasi più ai tecnici che ai giocatori. Ma veder frullare degli esagitati simili a bordo campo deve essere proprio insopportabile per gli arbitri. Mihajlovic che scalcia le bottigliette, Conte che esulta come un assatanato anche per un gol contro Malta, Allegri che si straccia le vesti, Mourinho che sfoggia un campionario completo. Sembra che per guidare una squadra serva un corso da mimi o da saltimbanchi.Eppure per anni abbiamo visto allenatori vincere scudetti stando seduti tranquillamente in panchina. C'è chi ha conquistato fior di mondiale stando comodamente a fumarsi la pipa... Eppure i loro giocatori sapevano benissimo cosa fare, come muoversi e dove mettere la palla. Ma ve lo immaginate Nils Liedholm che urla come un ossesso e si sbraccia per novanta minuti? O Helenio Herrera che pure ha rivoluzionato questo ruolo? Oppure lo stesso Enzo Bearzot imbucato in quelle tremende panchine infossate del Sarrià e del Bernabeu da cui usciva appena la testa a fil di campo? O immaginate Nereo Rocco che prende appunti affannosamente sul taccuino per tutta la partita? Il primo a concedersi qualche mossa lontano dalla panchina è stato Giovanni Trapattoni, come quella volta che venne sorpreso a camminare accovacciato, col passo della quaglia, fin quasi alla bandierina in una memorabile partita dell'Inter a Monaco. Ma fece colpo proprio perché era un'eccezione, per il resto gli bastavano quattro fischi e lo boccettina dell'acqua santa.Si dirà che è colpa delle panchine lontane, allontanate ancor più dal campo dai regolamenti Uefa. Per cui i tecnici, per farsi capire, devono passare tutti i 90 minuti nell'area tecnica. Ma allora durante tutta la settimana e prima della partita che cosa avranno mai spiegato alla squadra? Anche a Wembley, nel '63, la panchina di Rocco era lontanissima dal campo, ma la leggenda vuole che sia stata la fortuna del Milan, perché fu Cesare Maldini, allenatore in campo, a decidere di spostare Trapattoni su Eusebio al posto di Benitez...
L'unico sorpreso dalle foto d'epoca a seguire il gioco veramente lontano dalla panchina e addirittura in piedi dietro la porta era Vittorio Pozzo. Ma quelli erano veramente altri tempi, se il vecchio ct alpino, dopo la partita poteva mettersi anche a scrivere l'articolo per La Stampa. I tecnici di oggi avrebbero seri problemi: loro non parlano mai dei singoli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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