Allegri al capolinea

Costeranno care al tecnico della Juve le minacce al direttore di "Tuttosport" e l'attacco alla società che ora valuta l'esonero. Il legale di Max: "Falso". Possibile che non incroci lunedì a Bologna il successore Thiago Motta

Allegri al capolinea
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L'Olimpico trasformato in Colosseo. È il capolinea di Massimiliano Allegri alla Juventus. L'ultima allegrata andata in scena con la coppa Italia in mano è un terzo tempo per niente rugbistico tra espulsione choc, dirigenti snobbati e aggressione al direttore di Tuttosport. Tutto Massimiliano Allegri in una notte. Il bello e il brutto. Non proprio un Max gladiatore anche se la squadra l'ha portato in trionfo e la curva l'ha difeso fino alla fine.

Il destino è scritto, il pollice verso della società da tempo. La notte della quinta coppa, diventa la pietra tombale sull'Allegri bis. La società ha vissuto con grande fastidio il crescendo allegriano completamente fuori dall'ormai scolorito stile Juve. Perché la cravatta e la giacca maltrattate, la camicia «strappata» sono frutto dello «sbarellare di noi allenatori» per dirla alla Gasp, poi il faccia a faccia con il quarto uomo e la caccia al designatore Rocchi (due giornate e 5mila euro di multa dal giudice sportivo). I dirigenti «allontanati» dalla festa hanno aggravato la situazione, diventata insostenibile con l'aggressione verbale al giornalista Guido Vaciago, reo di «fare le marchette alla società e di non scrivere la verità»: una frase ancora più grave del gesto. Vicenda attenzionata a caldo dalla polizia, inaccettabile a prescindere. Si valuta l'esonero, i legali sono al lavoro. E così Allegri ha replicato tramite il suo avvocato precisando «di aver avuto un acceso alterco verbale col Direttore... nel corso del quale entrambi si sono vicendevolmente insultati». La precisazione del giornalista: «Non alterco, ma monologo». La Figc indaga.

Resta che quel ti «strappo le orecchie» rivelato da Vaciago più che l'urlo di un gladiatore, sarebbe un rigurgito sulla decennale allegreide (con pausa di due anni). Tralasciando vittorie e sconfitte, quello che Allegri ha fatto nella tormentata scorsa stagione, tra società decapitata e penalizzazioni, non può essere dimenticato. Parafulmine, dirigente e allenatore. Uno e trino. Ma è finito sbranato da se stesso. Toscano tutto d'un pezzo. Esasperato da critiche al gioco che raramente hanno chiamato alle proprie responsabilità i giocatori. La narrazione sul reale valore della squadra può avere dei fondamenti, ma le prestazioni di Iling jr e in particolare di Nicolussi Caviglia a Roma l'hanno ridimensionata per stessa ammissione di Allegri: «Potevo farlo giocare di più». E John Elkann che sottolinea la forza dei giovani, un altro «messaggio» alla sua gestione.

L'ultimo dei tanti infuocati dopo partita del tecnico è spia di una violenta lotta di potere societaria.

Ma l'ombra ormai realtà di Thiago Motta non può essere scambiata da Allegri per fantasmi ovunque. Che sia in panchina lunedì contro il Bologna non è scontato, sono ore decisive. Niente foto da... passaggio di consegne. Il gladiatore Max esce dal suo personale Colosseo.

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