Ieri siamo arrivati quasi a casa. Nîmes, nel dipartimento del Gard, dove cè anche un bellanfiteatro romano, non bello quanto il mio, non suggestivo e imponente quanto lArena di Verona, ma certamente bello e suggestivo anche questo. Aria di casa, voglia di vedere Margherita e Ludovica, mia moglie e mia figlia. Comincia a pesarmi il Tour, comincia a pesare la lontananza. Pesano anche i controlli: ieri quello delle urine. E otto. Ma sia ben chiaro, se servono per rendere più credibile il nostro sport, ben vengano. Ieri mattina al via di Narbonne, dopo il «tornado Riccò», mi sono consolato con un bagno di bimbi.
Sì, con i bambini che seguono il Tour: sono davvero tantissimi. Credetemi, è molto bello poter aver a che fare con loro, ed è per questo che noi abbiamo anche una grandissima responsabilità, perché questi bimbetti ci guardano con gli occhi sognanti di chi è davvero convinto di vedere degli eroi. Ci sono i bimbi timidi, quelli che ti guardano da dietro le gambe del papà: vorrebbero chiederti qualsiasi cosa, ma hanno timore di farlo. Ci sono quelli sfacciati, carichi di cappellini, borracce, magliette, gadget di ogni tipo che te ne vengono a chiedere altri.
Ci sono quelli che si accontentano di un semplice «casquette», un cappellino.
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