E adesso ridategli i capelli. Perché sono d'argento e pesano molto e brillano tanto e Andrea Mitchell D'Arrigo ci teneva parecchio e non li ha più. A occhio e croce, il ragazzo italo americano teneva più a quelli che alla medaglia nei 400 stile, pronti e via, subito conquistata all'esordio europeo di Berlino. Medaglia che, per inciso, interessa invece molto e parecchio a tutti noi. Medaglia strameritata e solo in parte facilitata dall'assenza del francese Agnel, oro olimpico nei 200 sl, rimasto clamorosamente fuori in compagnia del primatista mondiale e campione in carica Biedermann.
Per cui forza, su, ridategli e ridiamogli i capelli perché a quelli accenna Andrea appena conquistato l'argento, «non voglio farmi vedere...» sussurra infatti un attimo prima di mettersi in favore di telecamera con le cuffie ben infilate in testa, come a sottolineare che non gli piace niente mostrarsi così con la spazzolata sulle tempie stile marine che poi, a ben vedere, fa molto americano. Ma al ragazzone classe 1995 con madre a stelle e strisce e padre italiano non interessa, l'aveva detto e ripetuto prima che glieli tagliassero e persino urlato dopo che i compagni in azzurro l'avevano sottoposto al rito da matricola. «Non ero d'accordo» aveva spiegato «non volevo, perché lo trovo un rito sbagliato e poi sono testimonial dell'Osservatorio antibullismo, mi chiamano persino nelle scuole a parlare di questi temi e ora che figura ci faccio ad andare con questo taglio?» aveva aggiunto, facendo scoppiare il caso e partire un'inchiesta interna.
Questione di punti di vista, di chi le trova goliardate a cui si sono sottoposti tutti, come spiega Magnini, e di chi invece proprio non sopporta questi riti. «In America, al massimo, le matricole fanno un giro di campo, e per il bullismo si viene cacciati... - si era giustificato Andrea - E pensare che ho il doppio passaporto, che ho rifiutato le qualificazioni americane per nuotare per l'Italia». Occhio, non una frase buttata lì, visto che Andrea da due anni s'allena in Florida, nuota per i Gators e per allenatore ha un tipo di nome Greg Troy, cioè storico coach di Lochte e, a Londra 2012, della nazionale Usa.
Fatto sta, questo, alla vigilia, era stato il suo sfogo a parole così come l'argento di ieri è stato lo sfogo in vasca. Settimo ai 50 metri, quinto ai 150, terzo ai 200, quarto ai 250, ancora terzo ai 300 e infine secondo dai 350 e argento col tempo di 3'46.91. Tenuta e progressione, dunque, gara intelligente dietro al serbo Stjepanovic che ha conquistato l'oro (3'45.66) grazie a una partenza assassina e un passaggio ai 150 metri di 1.21.41, un secondo sotto il record europeo (bronzo all'inglese Lelliot 3'47.50). Quarto e deluso l'altro azzurro, Gabriele Detti (3'48.10).
E visto che a Mitchell D'Arrigo i capelli non possiamo ridarli, se non altro teniamoci stretto questo ragazzone tutto d'un pezzo. Perché uno che al debutto nel nuoto dei grandi trova l'argento dopo giorni di polemiche e una vigilia trascorsa in una situazione psicologicamente difficile, oltre al taglio dei capelli ha il carattere del marine. Infatti, a caldo, non si scompone, e dice: «Avrei potuto fare questo tempo anche agli assoluti, però lì avevo sbagliato...
La medaglia? Fa piacere, ma importa migliorarsi e gareggiare bene che poi i risultati arrivano». Capito il tipo? La medaglia conta meno del migliorarsi. All'Italia di oggi, non solo quella sportiva, serve gente così. Fatica, impegno e meno carnevalate.
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