È un Inter-Milan per tutti i gusti. Da qualsiasi parte lo si guardi. Soprattutto è tornato il derby. Dell'orgoglio, della diversità, della verità. Si pensa in grande all'ombra della Madonnina, dopo che in cinque delle ultime otto stracittadine di campionato non ci sono stati né vinti né vincitori. Non che un pareggio sia sinonimo di mediocrità, impossibile pensarlo al solo ricordo delle due semifinali Champions nel 2003. Ma ultimamente l'impressione latente, ma non troppo, è stata di sfide al ribasso.
Adesso tira un'altra aria sulle guglie del Duomo. Certo, sono cose dell'altro mondo. Inter contro Milan significa Cina contro America. Suning contro Elliott, con i rampolli, Steven Zhang e Gordon Singer, attesi al primo faccia a faccia domani sera a San Siro. Due colossi a confronto per un derby che torna al passato, ai tempi di Massimo Moratti e Silvio Berlusconi. Delle proprietà forti che hanno scacciato via un senso di precarietà. Ecco l'orgoglio. Si riaccendono le luci a San Siro. L'anima del derby resta immutata: anche domani sarà tutto esaurito. Con ogni probabilità sarà nuovo record di incasso, che significherebbe abbattere il muro dei cinque milioni di euro.
Invece i numeri del campo raccontano di due squadre così uguali, così diverse. La difesa dell'Inter con appena sei gol subiti, l'attacco del Milan che è il terzo del campionato, nonostante una partita in meno. Due squadre che corrono a braccetto con due cervelli maratoneti: Brozovic e Biglia sono quelli che macinano più chilometri. Ma «picchiano» diversamente: i rossoneri sono i meno fallosi del campionato (sessantanove), mentre i fischi contro i nerazzurri sono stati centododici. Se la squadra di Gattuso scatta forte con dodici gol nella prima ora di gioco, quella di Spalletti finisce alla grande con sette reti nell'ultima mezz'ora. La diversità è tutta nella spina dorsale: croata quella interista con Vrsaljko, Brozovic e Perisic; argentina quella milanista con Musacchio-Biglia-Higuain. Il turnover di Spalletti (mai una formazione identica, tutti titolari almeno una volta tranne Ranocchia e Joao Mario mai impiegati), i titolarissimi di Gattuso, che cambia poco (quasi sempre solo per necessità tra infortuni e squalifiche).
Ma i numeri spingono anche all'eresia, d'altra parte si dice che nel derby vale tutto. Allora si può dire che Icardi e Higuain non siano fondamentali? Sì, se si scopre che la prima vittoria dell'Inter in campionato è arrivata a Bologna senza il capitano e che il Milan ha svoltato in casa del Sassuolo orfano del Pipita. Chiudere i processi precoci sulle sponde dei Navigli e spazzare via il fantasma dalle due panchine di Antonio Conte, senza i rispettivi numeri nove, è stato a suo modo un messaggio forte in un momento di difficoltà.
Ognuno ha la sua strada. La mentalità dell'Inter, leggasi forza e carattere, il gioco del Milan. Con un avviso ai naviganti: si gioca dopo la sosta. Quella di settembre fu disastrosa per i nerazzurri, battuti a San Siro dal Parma; un passo falso per i rossoneri, fermati in Sardegna dal Cagliari. Ma stavolta niente scherzi. Perché il derby racconterà una verità: la solidità dell'Inter o la sostenibilità del Milan.
Sfida senza pronostico, banalità da derby, ma mai così equilibrata negli ultimi anni. Con vista sulla Champions anche in tribuna: Zanetti da una parte e Maldini dall'altra, gli ultimi ad averla alzata. Aspettando di diventare l'anti-Juve. Prima o poi.
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