Dieci anni di corse senza Jules Bianchi. Il ragazzo che ha reso la F1 più sicura

La sua tragedia portò all'halo che protegge la testa dei piloti

Dieci anni di corse senza Jules Bianchi. Il ragazzo che ha reso la F1 più sicura
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Non basta a consolare mamma e papà. E neppure Charles Leclerc, il suo migliore amico o Nicolas Todt, il suo manager. Ma dieci anni dopo non ci possono essere dubbi nel dire che il sacrificio di Jules Bianchi ha aiutato la Formula 1 a diventare uno sport meno pericoloso di prima. La morte di Jules, così come quelle di Ayrton e Roland a Imola nel 1994 hanno salvato tante altre vite negli anni successivi. Senza l'assurdo incidente del 5 ottobre 2014 a Suzuka non ci sarebbero state la virtual safety car e soprattutto l'Halo, l'invenzione più brutta ma anche più utile della storia di questo sport. Quella domenica a Suzuka sbagliarono in tanti, anche se l'inchiesta della Fia poi diede la colpa a Jules e non a chi aveva mandato in pista una gru senza fermare la gara in condizioni di visibilità ridotta. Dopo quella domenica non c'è mezzo che entri in pista senza una virtual o una Safety Car. Qualche anno dopo arrivò l'Halo, introdotto nel 2018, studiato proprio per proteggere la testa del pilota dopo quell'incidente. Senza quella protezione in titanio chissà come sarebbe finito l'incidente tra Verstappen e Hamilton a Monza nel 2021.

"Sono fiero del fatto che il nome di Jules sia collegato per sempre a scelte che hanno modificato la storia dello sport che amava e sapere che nel tempo anche solo una vita è stata salvata grazie a lui permette a me e a tutta la nostra famiglia di trovare un po' di pace. Come pensare che se ne è andato facendo quello che amava e voleva fare da quando aveva tre anni e gli feci privare un kart per la prima volta", ha detto papà Philippe che attraverso la fondazione intitolata al figlio raccoglie fondi per l'ospedale di Nizza che lo ha curato e ha cercato di riportarlo in vita nel lunghissimi mesi trascorsi tra l'incidente e il suo ultimo respiro il 17 luglio di dieci anni fa. "Il tempo ci ha dato la pace della consapevolezza e dell'amore, perché una passione non si spiega, non si giudica, e Jules viveva per il motorsport", ha scritto papà Philippe nella prefazione di Piloti d'arte, il bel libro di Giulia Toninelli su padri e figli in F1. Jules era stato il primo pilota ingaggiato dalla neonata Ferrari Driver Academy. Era il predestinato prima del suo amico Charles. "Lavorare con lui è stato un privilegio. Era un gran pilota e un ragazzo straordinario. Non c'è giorno che non lo pensi. Jules mi ha insegnato a pensare con il cuore. È grazie alla sua amicizia con il fratello di Leclerc che sono arrivato a Charles. E proprio suo padre mi convinse ad investire su Charles. Ci sono tanti punti in comune nelle loro carriere", ricorda Nicolas Todt. E infatti Charles ha reso omaggio all'amico, "mi manchi", aggiungendo "con Jules ci sono cresciuto insieme, era sempre felice di aiutare". Chissà dove sarebbero arrivati insieme.

Jules aveva la strada tracciata per diventate pilota ufficiale Ferrari, la strada poi percorsa dal suo amico Leclerc che lo porta sempre nel cuore e sul casco. Charles vince anche per Jules, quel ragazzo che ha salvato tante vite e trasformato quella di Leclerc.

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