Il Dottor Conte non sa come curare la Signora ammalata

La prima giornata davvero autunnale di Torino è coincisa con il risveglio di una Juventus che teme di dover salutare l'Europa che conta ben prima del previsto. Due pareggi per cominciare la corsa agli ottavi di finale non sono certo bilancio da stropicciarsi gli occhi a prescindere, e anzi: averlo poi fatto contro la cenerentola del girone e in casa contro la diretta concorrente per staccare il biglietto della lotteria suona quasi come una bocciatura. Adesso i jolly sono finiti: o la vera Juve torna a palesarsi e a vincere le partite che deve, oppure il sogno Champions andrà a farsi benedire e con quello anche la prospettiva di risanare i conti una volta per tutte come si deve. Perché anche i sassi ormai sanno che la corsa europea, già affascinante di suo, ha risvolti economici fondamentali nella vita dei club: i 283,8 milioni fatturati al 30 giugno scorso - record storico per la società - sono stati ampiamente influenzati dai quarti di finale raggiunti lo scorso anno che avevano portato in dote una cifra intorno ai 45 milioni di euro. Tanto per rendere l'idea, la vittoria buttata via contro la squadra di Mancini è costata 600.000 euro, mica noccioline: «Adesso si fa durissima - ha ammesso Conte con l'espressione quasi rassegnata che non gli si confà -. Ci aspettano due partite con il Real Madrid e comunque dovremo andare a Istanbul: se saranno più bravi i nostri avversari, faremo loro i complimenti».
Sportività a parte, è una Juve che pare avere qualche ruota sgonfia e che domenica sera, contro il Milan, dovrà anche rinunciare a Vucinic e probabilmente a Lichtsteiner, entrambi vittime di malanni muscolari. Reparto per reparto, manca però l'olio un po' ovunque: in difesa, dove persino Buffon ha mostrato segni di cedimento, Chiellini sta faticando a carburare e certe amnesie di Bonucci adesso vengono punite mentre prima passavano inosservate perché ci pensavano i compagni a coprirle. In mezzo al campo, con Pirlo che non ha ancora acceso la lampadina, ci si è salvati spesso grazie alla verve di Pogba e Vidal, ma è sugli esterni che mancano benzina e soprattutto qualità: «Non ho gli uomini per giocare con il 4-3-3 - ha spiegato Conte - e, in assenza di Pepe, il nostro modo di giocare rimane questo». E qui arriva forse il nocciolo della questione: ormai tutti sanno come gioca la Juve e certe contromisure sono state prese, limitando Pirlo e arginando gli inserimenti dei centrocampisti. Ci vorrebbero uno o due uomini capaci di saltare l'uomo e creare superiorità numerica, ma certo non sono Lichtsteiner e Asamoah (tanto meno Isla, Peluso o De Ceglie) i più adatti a farlo. Ne consegue che anche l'attacco - dove Llorente rischia di essere un costoso orpello, visto che di palloni per la sua cabeza ne arrivano ben pochi dalle fasce - patisce e non poco: Tevez vale cento volte Giovinco, ma lui pure non è bomber di razza e comunque è la mira generale a fare difetto come certificano quasi sempre le statistiche di fine gara. Anche contro il Galatasaray, per rendere l'idea, il 57% del possesso palla ha fruttato un netto 27-7 di tiri verso la porta avversaria più undici calci d'angolo a zero: il 2-2 finale sarà anche stato una mezza ingiustizia, ma alla fine conta buttare la palla dentro e il fascino del calcio è anche questo.
Quanto ai rimedi, oltre a una crescita generale di condizione, bisognerà innanzi tutto prendere meno gol e soprattutto azzannare subito la partita: nelle otto partite tra campionato e Champions la Juve è andata sotto cinque volte, decisamente troppe per una squadra che era abituata a non concedere nemmeno le briciole sul 3-0.

Su questo argomento Conte ha già lanciato l'allarme, ma per il momento non è servito a granché: se però non si cambierà spartito, altri guai arriveranno. E non solo per mano dei turchi: intanto, domenica, ci proverà il Diavolo.

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