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Il dubbio del ct: via al mini turn over

Confederations Cup, Prandelli pensa alla qualificazione ma anche al Brasile sabato. Platini su Pirlo: "Ha fatto la storia del calcio"

Il dubbio del ct: via al mini turn over

Alleluja. Anche Michel Platini, presidente di Uefa, e gloria del calcio di Francia e Italia, si è accorto di Andrea Pirlo e del suo talento straordinario. «Ha fatto la storia del calcio, ha portato valore a livello di oreganizzazione e tecnica, tanto di cappello. Ma la tv mostra le immagini di chi segna e questo resta impresso nella mente della gente, quindi magari Del Piero e non Pirlo» la medaglia al petto dell'azzurro appuntato dal vecchio Roi a cui è forse sfuggito un piccolo dettaglio. E cioè che a far luccicare la prova di Pirlo ha provveduto, non a caso, proprio il gol su punizione firmato contro il Messico con traiettoria brasiliana, non una soluzione di forza, capace di uccellare il portiere. Un gol alla Del Piero, insomma. E adesso uno così, uno come Pirlo, è diventato, insieme con Balotelli (a proposito: si moltiplicano le voci di matrimonio con Fanny), il beniamino del pubblico brasiliano e una di quelle pedine da centellinare nella Confederations cup che consuma tutte le migliori energie in pochissimi giorni. Stanotte (tutti svegli a mezzanotte), a Recife, nord-est del Brasile, c'è da fare i conti col Giappone di Alberto Zaccheroni, uno di quei tecnici che rendono onore al calcio di casa nostra e alla scuola di Coverciano in giro per il mondo.

Attenti a non farsi condizionare, nei giudizi e nelle previsioni, dai tre schiaffoni rifilati dal Brasile nella sfida inaugurale di sabato scorso. Hanno subito il fascino delle Seleçao e anche la suggestione della cifra tecnica di Newymar e Paulinho ma i samurai non sono così conciati. È vero, il Giappone ha unghie e non artigli in attacco ma può mettere alle corde il plotone azzurro di Prandelli per via di una condizione fisica migliore. Non sono dotati di grande esperienza, devono studiare tattica ma possono trarre grande ispirazioni dai consigli del loro Ct che conosce alla perfezione qualità e difetti di ciascun esponente della Nazionale. «Per la mia squadra la Confederations cup è la prova generale per il mondiale, per me sarà una partita speciale e i miei giocatori daranno tutto in campo» la promessa di Zac che ha sempre definito l'Italia «solida e compatta» indovinando le caratteristiche emerse nel centrocampo allestito contro il Messico, un bel quartetto capace di scambiarsi compiti e posizioni sul campo. Tra questi c'è Daniele De Rossi, finito nella bufera radiofonica romana per via della sua frase irritata che ha provocato la solidarietà di facciata del club giallorosso e quella documentata di Spalletti, suo allenatore qualche tempo fa. Di sicuro il Brasile e la distanza dalle polemiche di casa sua lo metteranno al riparo da tensioni e veleni che hanno scandito la stagione romanista.

Ma è proprio questo il tema di fondo legato alla seconda prova azzurra fissata all'Arena Pernambuco, lo stadio definito «l'elefante bianco», traduzione una cattedrale nel deserto destinata a rimanere senza pubblico a mondiale concluso. Per tornare all'interrogativo di fondo conviene a Prandelli ricalcare lo schieramento del Maracanà o è il caso di rinfrescare i ranghi per non spolpare i più preziosi protagoniati, da Pirlo in avanti? Non mancano le indicazioni di turn over indispensabile, puntate quasi tutte su Abate (Maggio al suo posto), su Marchisio (sostituito da Aquilani, utilizzato solo nel finale col Messico). Il calcolo in questi casi è semplice: meglio centrare la qualificazione (col secondo successo consecutivo) per poi contendere al Brasile il primato del girone A.

Capitò qualcosa del genere, nel mondiale 1978, all'Italia di Bearzot prima di affrontare l'Argentina di Mario Kempes e Passarella.

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