Marcello Di DioSemplice superficialità o scientifica «elusione dei controlli»? Risolvere il quesito è fondamentale per dirimere il destino dei 26 atleti della Fidal deferiti dall'Ufficio procura antidoping del Coni che ora chiede due anni di squalifica a tutti per non avere, secondo l'accusa, rispettato le procedure di reperibilità («Whereabouts») tra il 2011 e il 2012, in base a quanto emerso dall'indagine Olimpia relativa al caso Schwazer.Domani, davanti alla I sezione del Tribunale nazionale antidoping presieduto da Carlo Polidori, sfileranno altri quattro atleti: Andrew Howe, Silvia Salis, Anna Incerti e Andrea Lalli. Stessa accusa per chi è già stato sentito (l'ex campione europeo di maratona Meucci, i saltatori Donato, bronzo olimpico a Londra 2012, e Greco, oro agli ultimi Europei, e il maratoneta Pertile). Stesso avvocato, Giulia Bongiorno. Che ha parlato di processo «zoppo», visto che «manca la prova fondamentale», affermando che la documentazione fornita dalla procura per dimostrare l'omessa reperibilità «non esiste perchè è stata distrutta, secondo la normativa».Il Tribunale ha chiesto tempo e deciderà proprio domani. Anche se il caso molto simile del pallamanista Vito Vaccaro è stato già sanzionato con un anno e due mesi di stop.
Agli atleti Fidal spetterà la stessa fine? Con la doppia ipotesi di una condanna non retroattiva, che quindi comporterebbe l'esclusione dai Giochi di Rio per chi è già qualificato, o di una sospensione per il biennio in questione, con i risultati ottenuti in quel periodo che tornerebbero in ballo. Dall'incubo al sogno, o viceversa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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