Coronavirus

E L’NBA ANTICIPA IL PALLONE ANCHE SUI TAGLI DEGLI STIPENDI

Non chiediamoci perché il mondo Nba è trainante, corre sempre più avanti degli altri.

E L’NBA ANTICIPA IL PALLONE ANCHE SUI TAGLI DEGLI STIPENDI

Non chiediamoci perché il mondo Nba è trainante, corre sempre più avanti degli altri. Parlano (e spiegano) i fatti: anche nei momenti difficili come questi. C’è qualità nel business, serietà nel proporlo, intelligenza nelle sue componenti che comprendono pure coloro che vanno in campo: i giocatori. Oggi più che mai, il confronto con il mondo europeo del calcio diventa una porta sbattuta in faccia. Quello fra calciatori, che tengono solo il conto del conto in banca, e atleti di quel basket che bada pure al mondo che li circonda, diventa impietosa fotografia di una certa essenza umana. La palla al cesto schiaccia brutalmente la palla in rete. Il basket americano si è fermato nel giro di un giorno, l’11 marzo, quando è suonato l’allarme per un giocatore positivo al coronavirus: senza dubbi, drammi o polemiche. I campioni Nba non hanno preso la borsa e sono scappati. Anzi, si sono preoccupati di offrire donazioni per milioni di dollari in favore dei lavoratori delle Arene dove giocano, rimasti senza lavoro: fossero impiegati o addetti alle pulizie. Ora il mondo della lega professionistica americana fa un altro passo avanti, mentre il calcio è ancora lì a discutere sul possibile e l’impossibile. Si parla di taglio di stipendi. Normalmente i giocatori Nba lo ricevono in due tranches: una al primo del mese e l’altra al 15. Al momento sono stati pagati quelli del 15 marzo e altrettanto capiterà l’1 aprile. Poi una clausola del contratto collettivo, firmato tra Lega e associazione giocatori, permetterà di fermarsi e vedere dove porterà il coronavirus: nelle carte si parla esplicitamente di epidemia/pandemia come una delle cause di forza maggiore che permettono di trattenere circa l’1% per ogni partita cancellata. Considerate che, a questo punto della stagione, i giocatori hanno già ricevuto il 90% del salario annuale. Il campionato non riprenderà prima del 12 aprile: ma ogni match recuperato verrà pagato per intero. Tutto chiaro, semplice e senza mugugni. Invece cosa succede in Italia? Siamo già al tutti contro tutti, gli atleti sono disposti a sacrificare le ferie: non lo stipendio. Conoscendoci, verrà trovato il solito accordicchio raffazzonato.

E chissà mai che la clausola Nba non illumini i nostri azzeccagarbugli per il futuro.

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