E il Milan deve guarire maldipancia Faraonici

Inzaghi: "El Shaarawy arrabbiato? È come me". E rivolto a tutti: "Chi incrina il bel clima va via..."

Pippo Inzaghi con Stephan El Shaarawy
Pippo Inzaghi con Stephan El Shaarawy

Milanello. È un bivio per due. E come tutti i bivi può destare qualche tensione oltre che moltiplicare ansie ed aspettative. È un bivio per il futuro del Milan di Inzaghi e per El Shaarawy. Il primo, dopo i due pareggi delusione in provincia, tra Empoli e Cesena, deve offrire una prova autorevole, nel gioco e nel risultato, se vuole con qualche possibilità di successo iscriversi alla corsa per il terzo posto che è poi il dichiarato obiettivo del club. «Sogno di rivedere il Milan in Champions in tempo per la finale del 2016 a San Siro»: l'asticella fissata da Silvio Berlusconi in settimana, come al solito, è molto alta e per scavalcarla con successo è tempo di offrire garanzie. Tipo Verona, snodo insidioso.

«Spero di meritare l'8 in pagella del presidente a fine campionato» è l'auspicio con cui Inzaghi ha guidato nella città di qualche storico rovescio il suo gruppo attraversato da un venticello di protesta. Lo sfogo di El Shaarawy («mi incazzo quando faccio troppa panchina») viene definito da Adriano Galliani, uno che s'intende di giocatori irrequieti, «ordinaria amministrazione», e ridotto dal tecnico a «rispettosa» dichiarazione. «Si vede che ha preso da me... Mi sarei arrabbiato se avesse detto il contrario, se non avesse fatto seguire alle parole un adeguato comportamento in allenamento» è la chiosa didascalica di Pippo Inzaghi che ai suoi tempi fu protagonista eccezionale di sortite pubbliche e privatissime per qualche esclusione.

«Non m'importa con quale sistema si gioca, m'importa giocare» la frase di Torres, qui elevata a simbolo del nuovo Milan dove la concorrenza sta per diventare croce e delizia. Perché sono tutti recuperati, chi per la panchina, chi no, resta fuori solo Montolivo oltre allo squalificato De Jong e a Mexes, ancora una volta non convocato (così capisce che non è gradito).

«Chi vuole andare a giocare lo dica, a gennaio sarà accontentato» è il messaggio brutale ai naviganti firmato dallo stesso Pippo che non ammette lamenti di nessun tipo, nemmeno sotto traccia, figurarsi un virgolettato come quello di El Shaarawy finito nei titoloni dei giornali sportivi e non. «Chi incrina il bel clima di Milanello non rimarrà nel Milan» l'altro avvertimento che ha il sapore di un ultimatum.

Già perché adesso che sono tutti in lizza per un posto da titolare cominceranno i dolori di pancia. Qualche esempio? Eccoli: oggi a Verona precedenza a chi è rimasto a sudare e correre durante la sosta e perciò dentro Abbiati in porta (Diego Lopez riparte dalla panchina), Rami al centro della difesa (Zapata è rientrato venerdì dalla Colombia), Poli preferito a Bonaventura a centrocampo. Ma l'osservato numero uno è e sarà Stephan El Shaarawy.

Per la prima volta ha alzato la voce oltre che la cresta (e meno male, troppo mansueto e soldatino è fin qui apparso mostrando una discutibile personalità), col Chievo è entrato e ha dato segnali di efficienza fisica, deve riguadagnarsi il credito che la lunghissima assenza gli ha più che dimezzato. Menez, uno di quelli decisivi con Honda, appena recuperato deve farsi da parte.

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