S ull'inseguimento tricolore del Napoli concluso sulla manona santa di Donnarumma ci sono tre riflessioni da fare ad alta voce. La prima: nei due viaggi a San Siro al cospetto di Inter e Milan ha collezionato un inquietante zero in fatto di gol rispetto ai lussi precedenti. Si è inceppato un meccanismo da un lato ma dall'altro è cresciuta l'abilità dei rivali nel sottrarsi al palleggio ritmato dei napoletani occupando loro gli spazi tra le linee che furono da sempre terreno di conquista. La seconda: la lettura data da Sarri al pomeriggio sterile è stata condensata da una frase che è un giudizio calcistico discutibile («sei mesi fa avremmo vinto 3 a 0!») e tradisce l'intento di tenere al riparo il team da feroci critiche. La terza: insensata è diventata oggi l'exit strategy da Champions prima ed Europa league dopo, che non ha prodotto quei benefici di energie e vitamine immaginati nei mesi passati da società, staff e tifoseria al gran completo. Chi ha buona memoria dovrebbe ricordare il diverso finale di stagione del Napoli tra il torneo passato e quello attuale: allora seminò una striscia di strepitosi successi, oggi sembra una Formula 1 ferma ai box per mancanza di benzina nel serbatoio.
Eppure il dato più preoccupante dello scenario napoletano dopo aver accumulato sei punti di distacco dalla Juve è un altro e si nasconde nelle pieghe dello spogliatoio. L'estate scorsa, è un episodio noto, tutto il gruppo giocatori, riunito con Sarri, decise di mettere nel frigo eventuali offerte e cambi di casacca, per puntare alla conquista dello scudetto, inutilmente conteso alla Juve. Lo scenario, alla luce dell'epilogo della stagione, è cambiato. Il primo a non considerare scontata la propria permanenza alla guida del team è stato proprio Maurizio Sarri. A Montecatini, nel ricevere il premio intitolato a Tommaso Maestrelli, si è espresso in modo apparentemente criptico. «Sceglierò di restare solo se sarò in grado di dare il 110% e di ripagare i tifosi napoletani di ciò che mi hanno dato loro», la frase che negli uffici romani di De Laurentiis è diventata un allarme. Il ragionamento vale anche per gli altri esponenti del gruppo.
Pepe Reina, in mancanza di un rinnovo, ha firmato un contratto biennale a 3 milioni netti col Milan, preoccupato dell'eventualità di una cessione di Donnarumma per necessità di bilancio più che per volontà politica. Come Reina altri sodali, attraverso i rispettivi agenti, hanno comunicato lo stesso proposito. La grande fuga: ecco il vero nemico numero uno del prossimo Napoli.
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