di Riccardo Signori
Andiamoci piano, ma non neghiamoci il piacere. Questo è il vecchio che torna. Forse meglio così, il campionato ci restituisce storie e certezze che ci hanno sempre appassionato: la Juve cinica e spietata (qualcuno penserà anche un pizzico agevolata), le difese ballerine di Zeman, il gol alla Piola che stavolta porta la firma di Osvaldo e vale la copertina della domenica. È tornata al gol e al successo l'Inter del Triplete, triangolando fra Zanetti, Milito e Sneijder. Il Napoli si è sentito più tranquillo quando Cavani ha messo anche la firma sua sul risultato. Ci siamo rituffati negli errori arbitrali: un po' troppi per essere alla prima e nonostante dodici occhi. Si sono riaffacciate al gol le vecchie conoscenze: Pirlo e Jovetic, Sneijder e Milito, Hamsik ed Hernanes, Cavani, Osvaldo e Pellissier che ha celebrato le 300 partite in serie A (con 81 reti). Sarà un caso? Forse no, i buoni giocatori spuntano quando serve. Che poi siano sempre utili è altro discorso. Però meglio tenerseli.
Ecco, appunto, ma in tutto questo dov'è finito il Milan? In fondo al pozzo. Il vecchio che non torna. Meglio: vedi Pato in tribuna (vecchia abitudine), El Shaarawy e Robinho in campo (non ti abituerai mai) e capisci che qualcosa non torna.
La rivoluzione del Milan è stata una involuzione, quella della Fiorentina, per esempio, ha subito raccontato la faccia migliore. C'è rivoluzione e rivoluzione. Quella interista ha dato il primo frutto anche se la difesa non sembra proprio da corazzata, e c'è voluta la vecchia guardia, quella del Triplete, per mettere in tranquillità l'esordio. Il primo gol è stato da sano revival: Zanetti, Milito, Sneijder. Immaginate la faccia di quelli messi alla porta. Non solo quella di Moratti. Eppoi vedete il secondo. Quanti avranno detto che nello scambio Pazzini-Cassano ci aveva guadagnato il Milan? Almeno a livello di utilità nel ruolo. Detto e fatto: Cassano ha servito l'assist per il 2-0, Pazzini si è perso nella nebbia milanista. Si, solo la nebbia ieri poteva a salvare il Milan. C'era nebbia, per il vero, ma non quella giusta. Era nebbia nella testa, nei piedi, forse nelle convinzioni.
La vera differenza fra il Milan e le altre sta nell'immagine, non solo nei giocatori: la Juve e l'Inter fanno paura, il Milan non fa più paura. La Roma forse lo farà. Sono solo impressioni, ma si può giocare male e regalare sensazioni positive. E giocar male da far cadere le braccia. Le grandi squadre hanno tutte trovate modo di far gol. Il Milan ha preso solo pali. Sfortuna sua e fortunella altrui? Difficile pensarlo. Ieri il campionato ha dato una prima gerarchia: Juve e Inter davanti a tutti, Napoli subito dietro, Fiorentina da temere, Roma da rivedere, Milan da rifare ma non sarà possibile. Quindi da aggiustare: possibilmente nel giro di pochi giorni. Farebbe piacere a tutti, tranne ai milanisti, non averlo fra i piedi per giocarsi lo scudetto. Per ora ha accreditato le valutazioni più negative: anche in Italia non si possono regalare Ibrahimovic, Thiago Silva e magari Nesta e Seedorf, Van Bommel ed anche Gattuso. Appunto, c'è rivoluzione e rivoluzione. Il Milan si è presentato in campo con 7 italiani e 4 stranieri, assolutamente come la Juve. Allora dove sta la differenza? Negli italiani o negli stranieri? La Roma ha dimostrato che i suoi italiani servono, l'Inter un po' meno(vabbè c'è l'assist di Cassano).
Campionato votato ai giovani, almeno nelle intenzioni, e la Sampdoria ha subito sventolato il bandierone: età media 23-24 anni, peccato che la gran parte siano stranieri. Merkel, 20 anni, ex Milan, ha fatto gol.
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