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Ecco il verdetto di Zaccheroni: "Serie A? Chi vince. E il Milan..."

In esclusiva per ilgiornale.it Alberto Zaccheroni ha toccato diversi temi come la ripresa del calcio in Italia, la lotta scudetto, le sue esperienza in panchina e molto altro ancora

Ecco il verdetto di Zaccheroni: "Serie A? Chi vince. E il Milan..."

Alberto Zaccheroni nel corso della sua carriera da tecnico ha conosciuto la vera e propria gavetta dato che ha allenato in tutte, ma proprio tutte, le categorie. La sua esperienza l'ha poi portato a dirigere i club più importanti di Serie A come Udinese, Torino ma soprattutto Lazio, Inter, Milan e Juventus. Nel 1995-96 approda nel massimo campionato con l’Udinese di Pozzo che gli dà fiducia dopo le cose egregie fatte nelle categorie inferiori.Dopo un primo anno interlocutorio in cui l’Udinese si piazza al decimo posto le due stagioni successive sono quelle che gli fanno spiccare definitivamente il volo con un quinto e un terzo posto ottenuti a discapito di club più forti a livello finanziario, di esperienza e di rosa.

Zaccheroni è poi passato al Milan nel 1998-99 dove ha vinto al primo colpo uno scudetto nonostante i rossoneri venissero da anni difficili. Il 67enne di Meldola ha poi avuto il privilegio di allenare Lazio, Inter, il Torino e la Juventus, lasciando quasi sempre il segno con la sua metodologia del lavoro e la sua indentià di gioco. Dal 2010 al 2014 ha diretto la nazionale giapponese con cui ha vinto la Coppa d’Asia, ha allenato il Beijing Guhoan in Cina e tra il 2017 e il 2019 la nazionale degli Emirati Arabi Uniti. In esclusiva per ilgiornale.it Zaccheroni ha parlato della ripartenza del calcio, del campionato in corso e ha ripercorso la sua carriera da allenatore:

Zaccheroni cosa ne pensa del ritorno del calcio dopo oltre tre mesi, giusto riprendere dopo quello che è successo?

“Dipende cosa si intende per giusto. Il calcio è un settore importante e la maggior parte delle risorse arrivano dai diritti tv, se si ferma il calcio è un bel problema un po’ per tutto e dunque non c’è la possibilità per molti club di affrontare gli impegni assunti nei confronti di allenatori e soprattutto calciatori. Sono contento che si riparta anche perché a nessuno piacerebbe lasciare la casella vuota sull’assegnazione dello scudetto. Anche le squadre di Serie B vogliono che gli sia riconosciuto il merito come il Benevento di Inzaghi che ha fatto una stagione straordinaria prima dello stop. C’è un piano A, B e C ma bisogna essere consapevoli che se ci sarà qualche intoppo bisognerà mettere in atto questi piani alternativi…Mi sembra tutto pronto e ben organizzato: vediamo cosa succederà”. Carica virale che aveva prima ma nemmeno al sicuro”

Pensa che i giocatori saranno pronti a livello fisico?

“L’aspetto tecnico che è quello che conosco meglio e i giocatori non saranno mentalmente nelle condizioni migliori per me perché vengono da due lockdown, uno sanitario e uno dovuto al ritiro serrato delle squadre per recuperare il terreno perso. Non sono abituati a stare chiusi così tanto tempo e so per esperienza che i giocatori quando non sono nel loro habitat naturale con la pressione che c’è rischiano di farsi male e qualcuno si è già fatto male se non sbaglio. Poi mi auguro di sbagliarmi ovviamente però penso che di avere esperienza sulla gestione dei calciatori. I cinque cambi poi aiuteranno e favoriranno chi avrà rosa più ampia”.

Lotta scudetto a due o a tre?

“La Lazio ha l’occasione della vita, non so se gli ricapiterà nel breve periodo. Nessuno si aspettava questo exploit quest’anno. La società ha lavorato bene in questi anni e la squadra non sorprende più ma nessuno si aspettava che potesse fare così bene. Ripeto, loro hanno l’occasione della vita, questi di sicuro ci sono e ci saranno fino alla fine. Alla Lazio non c’è gente con la pancia piena di vittorie, se la Juventus farà quello che dovrà allora non penso ci siano problemi per lo scudetto ma se calerà l’attenzione io penso che la Lazio potrebbe dire la sua vista la sua grande determinazione”.

Capitolo Coppa Italia, domani si riparte con Juventus-Milan, mentre sabato ci sarà Napoli-Inter: come finiranno?

“Io dico solo di aspettare a dare per morto il Milan… Non lo sottovaluterei perché i rossoneri hanno una classifica inferiore rispetto alla reale forza dell’organico. Ci sono state tante cose negative come il cambio di allenatore, qualche incomprensione di troppo societaria e non però attenzione che non è così mal ridotto come sembra. Se la Juventus sottovaluta il Milan allora ci sarà una possibilità per loro di andare in finale anche se la Juventus ha tutte le carte in regolare pe vincere tutto, vedo comunque i bianconeri favoriti”.

Su Napoli-Inter invece sarà una gran bella lotta, mi aspetto più entusiasmo da parte degli azzurri anche perché da questo punto di vista Gattuso è un maestro. La diatriba proprietà-spogliatoio mi sembra accantonati e dunque vedo i padroni di casa favoriti pe approdare in finale. Io mi aspetto tutti i calciatori che daranno il tutto per tutto soprattutto all’inizio, senza risparmiarsi. Dal punto di vista mentale squadre stanno bene, dal punto di vista nervoso qualche dubbio ce l’ho”.

Lei ha fatto tanta gavetta in carriera: qual è l’esperienza più gratificante?

“L’Udinese è stata sicuramente l’esperienza più gratificante perché la squadra ha raggiunto continuità di prestazione anno dopo anno. Poi chiaro che vincere il titolo al Milan è qualcosa di pazzesco ma allenavo una squadra di qualità, mentre all’Udinese abbiamo dovuto costruire tutto mattone per mattone e vendendo ogni anno qualche pezzo grosso. In quel momento la Serie A era uno dei campionati più belli e difficili, c’erano le sette sorelle e arrivare quinti e terzi vuol dire aver fatto bene nonostante, ripeto, vendessimo ogni anno. L’ambiente era pulito, i giocatori si integravano bene perché c’era zoccolo duro italiano che io dico sempre essere fondamentale nei club perché trasmettono storia ai nuovi arrivati e agli stranieri. All’Udinese abbiamo fatto qualcosa di bellissimo”.

Dopo tre anni all’Udinese passa al Milan e vince subito lo scudetto se l’aspettava? Ci racconta un aneddoto legato a quella stagione?

“No, non mi aspettavo di vincere subito. Io ho vissuto tutte le categorie e conosco le dinamiche, so che l’allenatore è importante ma poi le partite le vincono i giocatori di qualità sostenuti da giocatori che si sacrificano. Io sono arrivato al Milan dopo due mostri sacri come Sacchi e Capello e ho cercato di tirare fuori il meglio dai calciatori che avevo a disposizione. Mi viene da ridere quando dicono che mancavano i giocatori di qualità quando in realtà c’era gente del calibro Weah, Boban, Leonardo, Maldini, Costacurta e Bierhoff che erano sicuramente datati ma che mi hanno seguito passo dopo passo. Mancava la quantità per reggere ad alti livelli fisicamente. Un aneddoto? Niente di particolare, posso solo dire che in quella stagione abbiamo vinto lo scudetto sempre grazie allo zoccolo duro italiano che mi è venuti dietro nonostante arrivassi dall’Udinese. I giocatori si sono fidati di me e quando le altre hanno visto che tenevamo il passo hanno iniziato ad avere paura, abbiamo tenuto fino alla fine e vinto meritatamente quello scudetto”.

Qual è stata l’esperienza più deludente?

“Le delusioni sono sempre nate quando non sono riuscito ad allenare per la stagione intera, il rammarico è quando non ti hanno dato possibilità di terminare l’annata. Io ho sempre detto che la mia stagione più difficile è stata quella di Cosenza dove partivamo con 9 punti di penalizzazione, senza il campo di allenamento, gli stipendi: se ci riprovo cento volte non mi esce mai più una stagione del genere. Ripeto in carriera ho allenato grandi squadra come Inter, Milan, Lazio, Juventus, Torino e ho sempre chiuso al meglio delle possibilità delle rose a mia disposizione in quel momento”

Le manca allenare?

“Dopo la Juventus sono andato in Asia dove ho allenato cinque anni in Giappone, poi sono andato in Cina e negli Emirati e l’ho fatto per fare qualcosa di diverso, per disputare competizioni internazionali. La curiosità dell’allenatore ce l’ho ancora intatta però non so se ho più la pazienza per fare battaglie più fuori dal campo che in campo. Io non ho mai avuto agente, ho sempre gestito da soli i miei contratti, non ho mai delegato nessuno. Non sono certo di avere ancora voglia di fare battaglie con dirigenti e con l’ambiente, dentro al campo non avrei problemi, ma ripeto fuori non lo so se sarei in grado di farcela come una volta”.

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