El Shaarawy e il Milan la rimonta continua E senza usare la testa

L'elogio della normalità. L'elogio della normalità chiamata Stefanino El Shaarawy, 20 anni, nessuna fidanzata, una famiglia presente, molto presente (padre e madre in coppia durante le trasferte all'estero, madre vigile severissimo dei traffici domestici e della sua alimentazione) e un futuro spalancato davanti agli occhi sognanti, comincia dai numeri straordinari collezionati in appena tre mesi e qualche giorno di stagione. Tocchi ferro chi ha la fissa della scaramanzia ma sono già 17 i sigilli distribuiti tra campionato (12), Champions (2, uno più prezioso dell'altro), e azzurro (under 21 e Nazionale maggiore) e senza calciare rigori né riuscire a far gol di testa. Non è una semplice coincidenza, forse è una caratteristica. «Fa gol solo di piedi perché non vuole rovinare l'acconciatura». la scontata battuta registrata a Milanello. Già, perché, ecco l'altra curiosità da affidare a statistici e tecnici, il Milan di Allegri non è riuscito a riempire la casella dei gol di testa: neanche uno dei 24 realizzati che sono una produzione notevole. Mentre tanti, troppi, sono invece quelli subiti di testa, e su calcio piazzato, da rivali di ogni tipo, dotati e non dotati di abilità in quota, Legrottaglie a Catania è solo l'ultimo di una malinconica trafila.
Appena arrivato, El Shaarawy fece notizia per la cresta, curiosa, misteriosa e affascinante come la sua carriera spuntata all'improvviso dietro la sagoma ingombrante di Ibrahimovic, partito a fine luglio per Parigi lasciando un vuoto che è stato presto riempito dalle doti e dal talento incredibile dell'"egiziano italianissimo", definizione di Silvio Berlusconi.
Per qualche mese fece notizia la sua cresta, adesso che il gol si è innamorato di El Shaarawy, sono le sue prodezze balistiche a scandire la risalita del Milan in classifica e a trasformare un ragazzo appena arrivato nel calcio che conta nell'erede nientemeno che di Andrij Shevchenko. Capitò anche al ragazzo ucraino, formato al collegio severissimo di Lobanovski, Dinamo di Kiev, allenamenti durissimi, anche due, tre al giorno, dentro la neve o sotto il sole, la stessa improvvisa esplosione. Ma Sheva era un flagello delle difese: irrompeva di testa, firmava scudisciate di sinistro e di destro. Il normale El Shaarawy deve affinare il suo bagaglio tecnico. Nel frattempo riesce a preoccuparsi di altro. «Non ho mai sofferto Ibra, anzi ne ho ascoltato i consigli, non ho mai discusso con Gattuso, le sue critiche erano diretta alla mia generazione non alla mia persona» le spiegazioni accreditate per cancellare le prime ombre.
Terza doppietta, a Catania, dopo quelle col Cagliari e di Napoli: «È vero ho fatto il gol del 3 a 1 ma prima ne ho sbagliato uno ancora più facile», un altro sarebbe salito sul cavallo bianco, lui si è scoperto un errore. El Shaarawy è così normale da mettere il bavaglio alle manfrine sul fuorigioco e da far passare sotto silenzio anche la scelta di lasciarlo riposare, martedì, in Champions contro lo Zenit.

Perché alla sua bella età, con quella faccia un po' così, dei tipi nati a Savona, ogni tanto è anche interessante sentire un po' di musica, mangiare una pizza in compagnia degli amici e sfogliare l'album di Shevchenko o di Ibrahimovic.

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