Neppure nei suoi sogni più azzardati Roberto Di Matteo avrebbe potuto sperare di passare in poco più di un anno dalla bocciatura del West Bromwich alla promozione con il Chelsea. Solo 13 mesi fa, era il 6 febbraio 2011, veniva esonerato dopo aver riportato i baggies in Premier League, guidandoli poi per metà stagione. Una sconfitta con il Manchester City gli è fatale, inatteso il licenziamento. Così come la chiamata - qualche mese più tardi - di André Villas-Boas, che lo vuole al Chelsea come suo vice. Prima di accettare però Di Matteo ci pensa perché nel frattempo ha ricevuto altre offerte per il ruolo di manager.
Daltronde dal debutto in panchina nel 2008, dopo una pausa dal calcio per conseguire una laurea in business administration, il suo curriculum conta anche una promozione sfiorata con il piccolo MK Dons. Insomma, non è più un ex calciatore che si improvvisa allenatore. Di lui piace la filosofia che trasmette alle sue squadre, allegramente sfrontate, che possono anche subire ma non partono mai battute. Al richiamo dello Stamford Bridge non sa resistere. Sia perché quella del Chelsea è stata la sua ultima maglia prima di essere costretto al ritiro da un terribile infortunio. Sia perché Villas-Boas, di sette anni più giovane di lui, è il nuovo che avanza. Due novizi: assieme totalizzano tre anni in panchina, 75 anni allanagrafe, poco più di Sir Alex Ferguson. Coerente allo stile schivo che si è imposto da quando è tornato al Chelsea, non ha voluto una conferenza stampa di presentazione ora che è il capo. Non certo per timore dei media, lui che parla un inglese oxfordiano (e padroneggia almeno altre quattro lingue), ironico e spigliato davanti alle telecamere. Quanto per parlare dopo una gara che si prospettava vitale: il debutto sul campo del Birmingham City, in palio i quarti di finale di Coppa dInghilterra, dal quale è uscito vittorioso per 2 a 0. Proprio quella che Di Matteo ha vinto con il Chelsea, segnando in finale (contro il Middlesbrough, 1997) il gol più veloce nella ultracentenaria storia del club (74).
Fino a giugno toccherà dunque allex centrocampista della Lazio tentare limpresa di raddrizzare la stagione sbilenca del Chelsea, terzo italiano su quella panchina dipo Ranieri e Ancelotti. La sua conferma passerà solo attraverso un trofeo, anche se è improbabile che Roman Abramovich si possa accontentare di una Fa Cup per preferirlo a Pep Guardiola.
Ma la scommessa più difficile, più delle stesse partite, resta vincere uno spogliatoio in subbuglio, con senatori dalla personalità traboccante poco propensi a farsi comandare da un novello. È qui, tra le quattro mura di Cobham, che Di Matteo dovrà superare lultimo esame di maturità.
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