Europei, macché rinuncia Giochiamo alla faccia dei pm

Prandelli dopo lo scandalo calcioscommesse è disposto a non partire. Ma non ce n'è bisogno. Sfatta l’Italia cerchiamo di fare almeno gli italiani

Europei, macché rinuncia  Giochiamo alla faccia dei pm
Non bastava il professore. Non bastava il borbottio di Mon­ti e il suo desiderio espresso di una sospensione del calcio per anni due o tre. Ai manifestanti si aggiunge addirittura Cesare Prandelli che così annuncia, con voce tenera: «Dovremmo parlare di calcio ma purtroppo abbiamo la responsabilità e ab­biamo anche una sensibilità e noi continuia­mo a dire che i giocatori che sono stati coinvolti, che sono coinvolti e avranno un avviso di garanzia non partono per gli europei. I gio­catori lo sanno, quindi non ci so­no due pesi e due misure ma sono due situazioni distinte, se poi vo­gliamo creare delle crociate creia­mole, se poi vogliamo dirla tutta, magari in maniera forte, se ci di­cessero, per il bene del calcio, la nazionale non deve andare agli europei, noi non partiamo».

Finisce tutto ancor prima di in­cominciare? Gli azzurri disertano il torneo e partono per le vacanze? L’Europa ci commisera e ci sfotte? Quest’ultima previsione è certa al cento per cento ma il pericolo, la minaccia, l’offerta al sacrificio, non avranno alcun effetto prati­co. Alla federcalcio nostrana non passa nemmeno per l’anticamera del cervello, già conoscendo le conseguenze di simile atto. L’Ita­lia partirà per la Polonia e l’Ucrai­na, giocherà questo benedetto campionato d’Europa per nazio­ni, cercando di tenere la testa alta, nonostante le botte, i lividi, le ver­gogne che si porta appresso, con i bagagli.L’Italia alla deriva lancia i volantini di un atto di coraggio eroico ma già conosce l’esito della proposta provocatoria che arriva dal popolo a terra, in tutti i sensi: tornate a bordo, subito, e partite, toglieteci tutto ma non il pallone. Anche se una fetta considerevole di cittadini, stando al circo del web,aderisce alle parole dell’alle­natore ( non il ministro dell’Inter­no Anna Maria Cancellieri: «No, no, sono un impegno internazio­nale importante: giocate, giocate bene e forza Italia» detta alle agen­zie).

Il resto è un formicolio conti­nuo, è il vociare fastidioso, tra pro­cure, avvisi di garanzia, indagini più o meno aperte e chiuse, infor­mative che viaggiano con il ritmo dei treni pendolari e impiegano sei mesi per arrivare a destinazio­ne, il Paese è lungo, gli uffici sono ristretti, le poste non funzionano. L’Italia del pallone ha bisogno di espatriare, di fuggire all’estero, sempre che qualche magistrato non chieda il ritiro di documenti personali.

Sei anni fa la congiuntura dello scandalo estivo definito calciopo­li portò la squadra azzurra al titolo mondiale; al bar sport si spera, non dico si scommette per evitare guai, nella ripetizione del fenome­no, quando l’italiano ha il passa­porto della morte in bocca risco­pre improvvisamente la vita e tro­va la gloria. Prandelli ha messo sul tavolo l’amarezza sua e del grup­po, in un passaggio delle sue paro­le ha praticamente preannuncia­to il probabile «taglio» di un altro azzurro, Leonardo Bonucci, an­ch’egli «avvisato» dai giudici co­me Criscito, ha poi accennato al di­sagio di Buffon per le ultime noti­zie di cronaca: «Lui è molto forte, ha grande personalità, ma nono­stante questo anche una persona come lui può passare un momen­to difficile come quello attuale ».

Il quadro generale, già grigio, è ten­dente al carbone, la federazione deve ragionare con due teste, da una parte ascolta e attende la giu­stizi­a sportiva che già sta emetten­do morbide sentenze dopo patteg­giamento ( le quali, tuttavia, inten­de impugnare), dall’altra è nel ventilatore delle varie procure che quotidianamente spargono notizie e avvisi. L’Uefa, il governo calcistico europeo, aspetta. Non può e non deve intervenire in vi­cende che riguardano il nostro or­dinamento sportivo. L’eventuale, clamorosa rinuncia dell’Italia, a una settimana dall’avvio del tor­neo, è una ipotesi che non viene presa in considerazione. Ma se do­vesse, allora sarebbero davvero guai grossi per noi, con una squali­fica pesantissima della nostra fe­derazione. Qualcuno avvisi Pran­delli.

E il professor Monti. Napoli­tano Giorgio non c’è bisogno: «Non mi sono mai posto il proble­ma » ha risposto il presidente a chi gli chiedeva un parere sulla que­stione. Sfatta l’Italia cerchiamo di fare almeno gli italiani.

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