Far west a Firenze: Delio Rossi, Ljajic e quella surreale scazzottata

Il 2 maggio 2012 andò in scena una delle risse più surreali della storia del calcio

Delio Rossi perde le staffe con Adem Ljajic
Delio Rossi perde le staffe con Adem Ljajic

Se tifi Fiorentina e oggi è il 2 maggio 2012, di già l’espressione dev’essere indolente e il cuore affaticato. Non ti ci dovresti nemmeno trovare qui, a contemplare una squadra che deve ancora salvarsi alla soglia dell’ultimo giro di boa del campionato. Il Franchi è un acquitrino emozionale, ma il desiderio da queste parti non si intiepidisce facilmente. Certe ferite zampillano in cerca di suture travestite da gol. Uno di quelli che potrebbero spingerla dentro è un ragazzino serbo che non ha nemmeno vent’anni, ma sprizza già classe irriverente. Certo, Adem Ljajic ha i connotati di un purosangue irredento, uno di quelli che svolazzano senza regola per il campo e se ti dice bene la risolvono con un colpo da biliardo, sennò assomiglia molto a giocare in dieci.

Delio Rossi da Rimini invece è un tipo fumantino. Uno di quegli uomini che i grumi interiori preferisce sputarli tutti fuori, anziché deglutirli, e pazienza se poi ci sarà da affrontarne le conseguenze. Ora si gratta la testa e bascula da una parte all’altra in panchina, tracciando un solco lungo la linea laterale, profondo come le sue preoccupazioni. Quasi la mezz’ora e la viola è sotto due a zero contro il Novara, che ha già un piede in B. Il Franchi rimugina in sottofondo. Dalle tribune i primi scongiuri fendono l’aria. Qualcuno si lascia andare a gesti apotropaici. Se però hai il giglio inciso nei geni, sappi che il peggio deve ancora venire.

Rossi, che già deve fare a meno del talento di cristallo Jovetic, sa che non c’è tempo da perdere. Se vuole riagganciarla deve rimescolare le carte. Al 32’ la lavagnetta luminosa pulsa: dentro Olivera, fuori Adem. Il virgulto serbo, uno tra i più attivi fino a quel momento, soppesa la richiesta con sdegno. Poi, incredulo, esce dal campo. Mentre sfila accanto al suo mister, per sua stessa successiva ammissione, gli sventola davanti il pollice, accompagnando la mimica con un applauso e la frase “sei un grande mister, bravo così”. Più tardi altri aggiungeranno particolari mai confermati: Ljajic, secondo Rossi, avrebbe offeso la famiglia del tecnico (in particolare, si mormora, domandano se il cambio glielo avesse consigliato sua moglie), mentre l’attaccante sosterrà di essersi sentito abbaiare la frase poco edificante “stronzo, ti voglio ammazzare”.

Ovunque abiti la verità, lo sprofondo è servito. A Delio Rossi si chiude la vena: carica un pugno e inizia a colpire Ljajic, sotto lo sguardo trasecolato della panchina. Neto e Felipe si buttano in mezzo, ma i colpi sono ripetuti e la rissa prosegue per qualche secondo. Alla fine il tecnico - una gamba in panchina e una sul terreno di gioco - dopo essere caduto viene trascinato via di peso. In conferenza stampa, dopo il match, prova a far valere le sue ragioni sostenendo che ci sono punti fermi nella vita che non possono essere infranti, come il rispetto per il lavoro e per la famiglia. Nonostante il pareggio rimediato alla fine, il club gli indica la via più vicina all’uscita.

A Ljaijc invece viene concessa l’opportunità di un’intervista ai canali ufficiali della Fiorentina, per riportare la sua versione dei fatti.

Da qualunque angolatura la si osservi, una vicenda surreale che resta iscritta di diritto nel girone del grottesco calcistico.

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