La favola Crotone e il capolavoro di Nicola «Mantengo la promessa: vado in bici a Torino»

Una sorta di nemesi per il tecnico che perse il figlio in un incidente sulle 2 ruote

La favola Crotone e il capolavoro di Nicola «Mantengo la promessa: vado in bici a Torino»

Le favole sono tali se hanno il lieto fine. Ma talvolta quel lieto fine bisogna scriverlo facendo un piccolo sforzo. Che nel calcio, in assenza dei mezzi economici o di stelle in campo, vuol dire sacrificio. E oggi che il pallone in Italia non è solo sport, ma è un settore dell'economia del Paese, la storia del Crotone - una delle province più povere della penisola - è da raccontare.

Come sarebbero da raccontare i tanti microcosmi di una squadra che ha faticato a prendere le misure alla serie A, conquistata nella notte di Modena tredici mesi fa, che aveva sofferto dovendo iniziare l'avventura lontano dal fortino dello «Scida», e che ha vissuto il divorzio tra i fratelli Vrenna, proprietari del club che ha di fatto bloccato il mercato in entrata di gennaio. Ma che alla fine è riuscita a tenersela stretta, a dispetto di pronostici e dietrologie sul cosiddetto «paracadute». E tra le tante storie, come quella di Andrea Nalini, il calciatore operaio (nel senso di saldatore, il suo lavoro fino a tre anni fa prima che la Salernitana e il Crotone credessero nelle sue doti) autore della doppietta che ha sancito la salvezza, c'è quella di un tecnico, il torinese Davide Nicola. Un allenatore del Nord emigrato in una delle piazze meridionali più calde e appassionate del Sud, il Bari, e poi dopo un esonero ancora più giù nella penisola, al Crotone lasciato da Juric, il tecnico della promozione. Nicola più di tutti ha creduto nella salvezza, anche a dispetto di una piazza che ha chiesto per due terzi della stagione il suo esonero e dei nove miseri punti raccolti nel girone di andata. Diventati 34 al traguardo grazie a un cammino migliore rispetto anche alla Juve di Allegri nelle ultime 9 giornate.

«Sono pronto a tornare in bicicletta da Crotone a Torino se riusciremo a salvarci, sono 1300 chilometri, ci vorranno tra i 7 e i 10 giorni», era stata la sua promessa prima della gara con l'Inter, poi vinta. Più di una semplice battuta, di fatto un ex voto che ha fatto tornare alla mente l'episodio più brutto della vita del tecnico di Luserna San Giovanni: la morte del figlio 14enne in un incidente in bicicletta quando allenava il Livorno. Una sorta di nemesi, quello del viaggio su due ruote, per cercare di esorcizzare un dolore immenso.

«Avremmo potuto salvarci prima, ma anche retrocedere prima, la realtà è che più si vuole ottenere un obiettivo, più si deve essere disposti a perderlo», la massima di Nicola. La sua pedalata risalendo lo Stivale sarà accompagnata dal pensiero di chi crede ancora nelle favole...

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