Fenomeno Zizou L'uomo del mistero nel posto sbagliato

di Tony DamascelliRafa Benitez licenziato. Zinedine Zidane è il nuovo allenatore del Real Madrid, Santiago Solari, il vice. Così ha deciso Florentino Perez che dovrebbe essere il primo a togliere il disturbo ma essendo il presidente fa quello che gli passa per la cabeza. L'impero del gordo" Benitez è durato sette mesi, è caduto per colpa di un pareggio contro il Valencia, è caduto perché il popolo del Bernabeu non ha mai gradito quello spagnolo che non ha mai regalato football a chi è abituato a caviale e champagne. Zidane è l'ossessione di Perez, lo aveva preso per 150 miliardi alla Juventus, sognandolo come futuro caudillo del proprio regno milionario. Ma il popolo madridista non pensa che la soluzione sia quella giusta, Zidane con il Castiglia, la squadra B del Real, non ha mai incantato, il 57 per cento dei lettori di «Marca», l'organo ufficiale del club, si dichiara contrario a questa soluzione ma ormai è fatta, Benitez se ne va incornato e Zizou ne prende il posto. La sua carriera si illumina di immenso per il nome della ditta ma pochi ritengono che il mestiere di allenatore sia quello giusto per lui, schivo, introverso, timido, professionista serissimo ma capace di reazioni improvvise, imprevedibili che ne hanno macchiato la carriera: la testata a Materazzi, il pugno a Desailly, la spazzolata con le scarpe sulle gambe del saudita Amin al mondiale del 98, colpi duri che trovano radici nelle origini di gioventù bruciata a Marsiglia: «Se non avessi fatto il calciatore la mia sarebbe stata una vita di merda» lo ha ripetuto molte volte, spiegando i suoi silenzi, le sue esplosioni. Quando la Juventus decise di prenderlo, per 7 miliardi e mezzo, si trovò di fronte, al primo incontro a Bordeaux, un tipo poco raccomandabile, Zidane calzava gli zoccoli, indossava un paio di jeans strappati, una camicia dello stesso tessuto, aperta sul petto e uno stuzzicadenti ballava da una parte all'altra della bocca. Migliaccio, agente del francese, rinviò di un mese la definizione del contratto. Al nuovo incontro Zizou si presentò con la stessa divisa, zoccoli, jeans, camicia aperta, stuzzicadenti in bocca e Moggi, facendosi capire con il suo tono di voce raffinata, domandò: «Spero che tu abbia cambiato almeno lo stuzzicadenti», Zizou incominciò a ridere, le parti trovarono l'accordo.Raccontare un fenomeno assoluto è abbastanza facile, raccontare il fuoriclasse, il calciatore, il campione, d'Italia, di Spagna, d'Europa e del mondo, è facile, parla il campo, parlano i risultati, libri di scrittura e narrazione fantastica. Ma l'uomo resta un mistero, luce abbagliante e buio improvviso, non è mai solo, è sempre solitario, eroe randagio per scelta, unito ad altri come uomo squadra, appartato nello spogliatoio mentre infuria la rissa, volano parole e scarpe, lui con il capo chino a ripensare frammenti e fotogrammi della partita, zampillando sudore. Zidane allenatore sembrerebbe la realizzazione della sua carriera maestosa ma così potrebbe non essere, Zizou non ha le caratteristiche per guidare il gruppo, anche in campo non era lui il leader, semmai l'attore principe, il protagonista, altri interpretavano la parte del comandante, del duce, del capitano. Madrid lo ha amato alla follia, come lo hanno amato e ancora lo amano a Torino, a Cannes, a Marsiglia, a Bordeaux, in Cabilia, lo amano quelli che lo preferivano a Platini, perché Zidane rappresenta l'altra Francia, quella degli immigrati, dei meteci che vengono dalle colonie e dalla guerra.Fu perfida una frase in risposta di Gianni Agnelli a chi gli domandava quanto potesse essere importante l'arrivo di Schumacher in Ferrari. «Molto, per l'immagine dell'azienda in Germania» e di Zidane: «In Algeria». Zizou non era il cocco dell'Avvocato, lo è stato e lo è fortissimamente di Florentino Perez che si sta giocando la testa dentro la plaza de toros del Real. Prendere il posto di Benitez è semplice, basta allenare sul serio e non scrivere appunti e amenità varie dopo due minuti di partita.

Zidane può parlare con il silenzio e lo sguardo feroce dei suoi occhi, può parlare con il proprio passato, può dialogare con Ronaldo o Bale insegnando loro l'arte del football e loro dovranno ascoltare la lezione del maestro ma questa è teoria, questa è scuola, il Real non vive di memoria, ha fame sempre, di vittoria, dovunque, comunque. Per Zizou questa è la partita più difficile, come se tornasse sui tornanti di Marsiglia a prendere a pugni la vita, rischiando di finire steso a guardare il cielo, non come un sognatore ma come uno sconfitto.

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