Ancora poche ore e cadranno le maschere. La Formula 1 sta per ripartire, ma le carte sono ancora parzialmente coperte. Avanti tutta. Per Luigi Mazzola, ingegnere, responsabile della squadra test ferrarista negli anni d'oro, è una filosofia di vita oltre che il titolo del suo libro sulla sua vita in pista. Dopo più di vent'anni sui circuiti oggi Mazzola è speaker motivazionale e performance coach al servizio di parecchie aziende oltre che mio compagno di viaggio a Race Anatomy. Ma soprattutto è la persona giusta per cercare di decriptare i milioni di dati raccolti nei sei giorni di test che la Formula 1 ha sostenuto prima a Barcellona e poi in Bahrain prima che si faccia sul serio.
Che cosa è successo in Ferrari da sabato sera, dopo l'ultimo giro pre campionato di Leclerc, a oggi? Come ci si comporta dopo l'ultima sessione di test?
«È il momento degli specialisti dell'analisi degli avversari. Si vanno a vedere tutti i dati degli altri. L'ora in cui hanno girato, le gomme che hanno usato, la temperatura dell'asfalto, si fa una supposizione della quantità di benzina. Mettendo insieme tutti questi dati a quelli raccolti dal Gps si riesce a valutare la performance rispetto agli altri».
Era un po' quello che facevi tu alla Ferrari?
«Ross Brawn me ne chiedeva conto quasi ogni ora e poi tutte le sere dovevo raccontare quanto si era capito a Todt e Montezemolo. Toccava a me dire qual era la situazione».
Bastano sei giorni di test per capire completamente auto nuove come quelle di quest'anno?
«Non bastano mai. Sei giorni di test sono un'assurdità per un cambiamento di questa portata, anche perché dobbiamo considerare anche i piloti...».
Per questo non li abbiamo visti andare subito al limite?
«Ci vuole un po' per spingere al limite. Ed è per questo motivo che secondo me Verstappen a fine giornata ha provato a fare un tempo».
Insomma non lo ha fatto per mettere paura alla concorrenza?
«Mai e poi mai faresti vedere agli altri il tuo potenziale, solo che aveva bisogno di capire come si comporta la nuova macchina al limite».
Sei giorni sono il nulla per capire l'auto quindi?
«Dal punto di vista ingegneristico certamente. Ma da punto di vista dello spettacolo potrebbe essere un elemento da considerare. Crea incertezza perché team grandi e piccoli hanno avuto tutti le stesse chance di provare».
Ingegnere dacci la tua griglia di partenza. Red Bull favorita?
«Sono convinto che la Red Bull sia il team che ha sorriso di più. Si sono dimostrati pronti e hanno avuto le prestazioni».
I tuoi vecchi amici di Maranello non sono messi male.
«La Ferrari si è dimostrata molto pronta. Ha una macchina tranquilla, facile, non ha avuto grandi problemi di messa a punto. Bisogna vedere però quanto è effettivamente veloce. Lo sanno solo loro».
Davvero?
«Loro lo sanno di sicuro, fidatevi. Noi non possiamo saperlo, non abbiamo i dati per capirlo».
Non resta che la Mercedes?
«La potenzialità della Mercedes è la più elevata. Però ha ancora tanti problemi di assetto, di porpoising, di macchina non ben bilanciata. In qualche momento hanno dimostrato di avere velocità, ma mi pare che non abbiano voluto spingere più di tanto. Loro si sono nascosti, ma hanno anche dei problemi».
Insomma aspettiamo che tornino protagonisti?
«Arriveranno degli sviluppi e nel giro di qualche gran premio torneranno là davanti a giocarsela».
Ricapitolando?
«Oggi vedo Red Bull, Ferrari e Mercedes per il primo gran premio, certo se la Mercedes porta già delle novità...».
I piloti potrebbero influire di più?
«Sì certamente.
Le macchine sono più difficili, pesanti e in certe gare con il caldo, la pressione, le gomme che si deteriorano, la macchina che diventa ancora più difficile, si alza, perde carico perché si scarica di benzina. Il pilota potrà fare la differenza».
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