Fiandre, Gilbert a piedi nella leggenda dei pedali

Fuga capolavoro di 55 chilometri: trionfo del belga Cresce l'Italia: 6° Modolo, 8° Pozzato, Colbrelli 10°

Fiandre, Gilbert a piedi nella leggenda dei pedali

Il re del Fiandre scende di bicicletta prima di salire sul trono. Philippe Gilbert taglia il traguardo sollevando felice come un trofeo la sua bicicletta, al termine di una corsa spettacolare, che non aveva ancora vinto e che mancava alla sua personale collezione, fatta di un titolo mondiale, di una Liegi e di due Lombardia. «Sono consapevole di aver fatto qualcosa di eccezionale dice il 34 enne campione del Belgio, che nel suo palmares vanta anche tre Amstel e una Freccia -. Oggi ho fatto davvero un numero, ma questa vittoria è di tutta la squadra». Spettacolare in corsa, lucido e riconoscente nel momento della celebrazione. «Esattamente trent'anni fa Claude Criquielion (ex campione del mondo, morto due anni fa, ndr) vinceva il Fiandre. Lui era stato l'ultimo vallone come me a farlo. Ho pensato molto a Claude, in questa lunga giornata per me speciale».

Corsa bella e vibrante, baciata dal sole, che s'inchina ad un campione che va oltre l'impresa sportiva. Il Belgio scende in strada, per quello che considera un rito prima di un evento di sport. Il Fiandre si infiamma in maniera inattesa sul Muur (il Grammont, ndr) che quest'anno è tornato a far parte del percorso: il forcing di Boonen, Gilbert e Matteo Trentin, spaccano il gruppo e sorprende in maniera clamorosa il campione olimpico di Rio Greg Van Avermaet e il campione del mondo Peter Sagan. Mancano 95 chilometri al traguardo e la corsa prende una direzione chiara.

Il colpo di grazia, però, arriva poco dopo, quando mancano 55 chilometri dal traguardo. Sulla seconda delle tre ascese al Vecchio Kwaremont Gilbert accelera e con assoluta naturalezza fa il vuoto. Andare avanti da solo o aspettare qualcuno? Questo il problema. Ma Gilbert non è Amleto e il campione nazionale decide di andare avanti da solo. Oudenaarde è lontanissima ma lui ci crede, ben protetto alle spalle dai compagni di squadra.

Fasciato dalla maglia di campione del Belgio, Gilbert vola via, leggero e potente, spiana un muro dietro l'altro, conserva sempre un minuto di vantaggio sul gruppo che vede rientrare Van Avermaet e Sagan. Vanmarcke cade per un problema alla bici e trascina a terra Rowe, poi la sfortuna colpisce anche un fantastico Tom Boonen costretto a cambiare tre volte la bicicletta. Infine la caduta di Sagan che s'infila su una transenna trascinando a terra anche il campione olimpico Van Avermaet e Naesen con i quali era uscito all'inseguimento.

In questa festa belga sventola però anche il tricolore a noi più caro. La giovane Italia, che studia da grande, è protagonista dall'inizio alla fine. Bella prova di Sasha Modolo che chiude sesto, Filippo Pozzato ottavo e Sonny Colbrelli decimo. Con Trentin spettacolare nel servire i suoi compagni e il giovanissimo Oliviero Troia in fuga sin dalla prima ora, Felline protagonista nel finale.

«Voglio vincerli tutti e cinque i Monumenti dice un insaziabile Gilbert -. Mi mancano solo la Sanremo e la Roubaix, ma la mia carriera è tutt'altro che finita e io questo sogno lo voglio coltivare».

Di questa magnifica giornata una sola nota stonata: la bestemmia in diretta e in favore di telecamere, posizionate all'interno dell'abitacolo dell'ammiraglia Bora, il team capitanato dal campione del mondo Peter Sagan.

Quando lo slovacco scivola per le terre, il suo diesse spagnolo Patxi Vila, si lascia andare ad una serie di improperi inascoltabili. I team vogliono le camera car sulle ammiraglie, per creare interesse e farci sentire tutti dentro la corsa. Ma per sentire certe cose, meglio restar fuori.

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