Il basket italiano, non bello, non ricco, senza tanti successi internazionali, cagnolino legato al due per cento di share televisivo, fa a schiaffi dietro la siepe, vaso di coccio nella guerra non proprio santa fra la Federazione mondiale (Fiba) e l'unione privata delle leghe cestistiche europee (Uleb) per l'organizzazione e la gestione della massima manifestazione per club nel Vecchio Continente.Anticipando il calcio è stata proprio l'Uleb, confortata dagli 872 milioni messi sul tavolo dagli americani dell'Img, sostenuta dai buoni risultati in questi 15 anni di autonomia della Champions, a proporre una lega europea per società facoltose e quasi tutte titolate. Questa diaspora per una specie di Nba, il campionato professionistico americano, ha fatto reagire la Fiba che il 6 aprile dell'anno scorso ha deciso di riprendersi l'organizzazione della manifestazione più importante, gestita privatamente dal 2000, proponendo il 28 gennaio di quest'anno una coppa per 32 squadre campioni in Europa, non le 16 che hanno già un vincolo decennale con l'Uleb, per l'Italia l'Emporio Armani ha firmato l'accordo prima che scoppiasse la tempesta ed è l'unica che non rischia scomuniche da federazione e Coni, anche perché re Giorgio ha un accordo per vestire le rappresentative olimpiche, adesso che Gianni Petrucci ha deciso per l'anatema contro chi, come le intempestive Sassari, Reggio Emilia e Trento vorrebbe partecipare a manifestazioni non riconosciute dalla Fiba. Tipo la Eurocup per chi ha accettato le proposte della Img andando contro il concetto del diritto sportivo acquisito sul campo "difeso" dagli stessi che vogliono far diventare le Nazionali l'ariete per avere tutto, sapendo che i giocatori, però, sono pagati dagli stessi club minacciati. Siamo nella fase del pessimismo dove certa gente pensa soltanto a passare il tempo mentre sarebbe necessario che chi ha idee potesse rendersi utile.L'Uleb e i suoi milioni americani, televisioni a servizio, la Fiba decisa a riprendersi quello che ritiene il suo feudo protetto dai regolamenti arcaici nel mondo dello sport, anche se a chi piace il grande basket poco importa chi si mette alla cassa ed è convinto che se tutto il buono è già stato pensato si tratta soltanto di pensare ancora una volta.In questa guerra poco religiosa che rischia di far diventare anche la pallacanestro come la boxe, che si è dissolta in mille sigle, perdendo fascino, il vaso di coccio italiano sembra il primo a doversi rompere perché non ubbidire allo svizzero Patrick Baumann, l'uomo di Basilea che ha preso la maturità classica a Sanremo, il segretario generale alla guida della federazione mondiale, membro importante delle commissioni del Cio che dovranno decidere chi ha più titoli per candidarsi all'organizzazione dell'Olimpiade del 2024 dove si presenta Roma, ci potrebbe guardare in cagnesco. Questo il motivo che ha mandato in bestia il presidente del Coni Malagò, sperduto nel gorgo di una Lega italiana con tre ribelli, la prima volta che ha assistito ad una riunione di questa modesta confindustria delle società, che ha fatto decidere Gianni Petrucci, il presidente del nostro basket, a ritirare le deleghe che consentivano l'autonomia dell'organizzazione. Il buon senso dice che le tre associate per una seconda coppa organizzata dall'Uleb, un colpo di mano per prendere tutto, esagerando, faranno marcia indietro, magari già venerdì prossimo quando un'assemblea straordinaria potrebbe far decadere il presidente in carica Marino, quando la maggioranza avrebbe intenzione di invitare chi ha firmato il contratto a rientrare nella casa di chi, per legge, comanda il movimento e non accetta di lasciare il potere ai privati.Le facce scure viste a Parigi dal nostro ambasciatore Meneghin qualche giorno fa, quando la Fiba ha presentato la sua Champions, questa aria di guerra giuridica che ha fatto decidere l'antitrust europeo sulla legittimità del ricorso dell'Uleb, ha fatto diventare torbido il laghetto.
E anche la decisione della nostra Lega di far ricorso alla magistratura per una scomunica federale ritenuta ingiusta, ha mandato in bestia il presidente Petrucci che, anche se buon cattolico, ora non ha proprio intenzione di lavare i piedi a nessuno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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