Tra Jack Dempsey e Tyson Fury sono passati 100 anni di boxe dei pesi massimi, 100 anni di campioni. Ma la storia ha riannodato i fili: da un campione del mondo americano di padre irlandese, e madre pellerossa, ad uno inglese di genitori irlandesi e discendenze nomadi, tanto da farsi soprannominare Gipsy King. Tyson Fury ha chiuso il cerchio della geografia pugilistica e riaperto il libro suo di campione dei massimi (Wbc), dopo essere risalito dall'inferno della droga e della depressione.
Dempsey era sbrigativo, lo chiamavano «il maglio di Manassa»: in 68 match rimase sul ring solo 138 minuti, ma incassò 2.137.000 dollari, circa 15.000 dollari al minuto. Fury, invece, è una montagna umana (2 metri e 4 cm per 124 kg) che conosce l'arte della boxe abbinata a colpi solidi. Mondiale nel 2015 battendo Vladimir Klitschko, e poi detronizzato per questioni di cocaina, a Las Vegas ha messo a posto i conti con la sorte e con Deontay Wilder: dopo il pari contrastato del 2018, lo ha steso in 7 round dimostrando di essere uno dei migliori pugili in circolazione. La potenza di Wilder, stordito, atterrato nel 3° round da un destro e di nuovo nel 5°, forse male allenato, non è mai comparsa. L'arte di Fury, il jab sinistro e colpi solidi hanno dominato fino al getto della spugna. Fury è campione di questi tempi: pugile tosto, indomito showman. Si è presentato vestito da re, trasportato a braccia su un trono, cantando una vecchia canzone. E così a fine match: mani al microfono per cantare American Pie con il pubblico. E dire a tutti: «Il re è tornato».
L'inizio della seconda decade del 2000 non poteva offrire nulla di meglio. Non è facile confrontarsi con gli ultimi 100 anni di pesi massimi. Cosa ha raccontato ogni inizio decade? Nel 1920, Jack Dempsey cominciava a far fruttare il titolo preso a Jess Willard, vittime Billy Miske (ko in 3 round) e Bill Brennan (ko in 12). Il 1930 è l'anno dell'incoronazione di Max Schmeling, l'ulano nero tedesco, eroe nella Germania di Weimar. Il 12 giugno a New York, nel match diventato la battaglia fra due Paesi, raccolse il titolo, lasciato da Gene Tunney, battendo Jack Sharkey per una discussa squalifica al 4° round. Seguì scia di polemiche e di imbarazzi. Nel 1940 domina Joe Louis, The Brown bomber, forse il più grande massimo di sempre. Il settembre 1950 vede Ezzard Charles rovinare i sogni di Joe Louis, tornato a combattere per un mondiale. In marzo Rocky Marciano comincia l'ascensione al titolo battendo La Starza in 10 round, Floyd Patterson illumina la sua storia il 20 giugno 1960, a New York, riprendendo la corona che aveva lasciato allo svedese Ingemar Johansson (ko in 5 round): nessuno mai era riuscito a riconquistare il titolo dei massimi. Il 29 ottobre 1960 debutta fra i professionisti Cassius Marcellus Clay. Il 16 febbraio 1970 Joe Frazier riunifica il titolo, che fu del detronizzato Alì, battendo in 5 round Jimmy Ellis. Peggio capiterà a Bob Foster, steso al 2° round. Il 31 marzo 1980, un 15 round fra i più impensabili: John Tate comanda la sfida con Mike Weaver, ma a 45 secondi dalla conclusione viene fulminato da un gancio sinistro. L'11 febbraio 1990 James Douglas stupisce il mondo mandando all'aria Mike Tyson. Il 1° aprile 2000 Vitaly Klischko scopre il pesce d'aprile, perdendo il mondiale Wbo contro Chris Bird per infortunio. Lennox Lewis, campione Wbc e Ibf, spazza via tre avversari in pochi mesi. Il dominio dei fratelli Klitscho, Vladimir e Vitaly, ci accompagna anche nel 2010. E dice che l'Ucraina e l'Europa dominano il mondo dei massimi.
Ora tocca a due re inglesi. In attesa di veder riunificare il titolo fra Tyson Fury e Antonhy Joshua, amletico gigantone inglese, di origini nigeriane, campione Wba, Wbo, Ibf e Ibo: una sfida da far tremare i pienoni del calcio.
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