Schreckich Jahr. Già la pronuncia dell'aggettivo e del sostantivo spiegano il concetto. Trattasi di anno orribile e i tedeschi alludono al fussball, al calcio e alla loro meravigliosa mannschaft. Prima, la ritirata di Russia, dopo, la figuraccia in Nation League, non proprio roba da grande Germania. E il calendario propone, per finire la commedia, un classico: Germania-Olanda, amarcord di una finale del Settantaquattro ma anche di un ottavo di Italia '90, con gli sputi gentili, a San Siro, tra Völler e Rijkaard, roba tosta tra due nazionali che, per motivi e risultati diversi, hanno fatto storia e cronaca del calcio mondiale.
Sta di fatto che il Duemiladiciotto sta passando agli archivi come qualcosa di veramente orribile (evito il bis dell'originale teutonico). E tornano alla memoria i dotti articoli, le opinioni illustri, le sentenze accademiche e definitive dell'anno Duemilaquattordici, mica l'altro secolo, quando la Germania andò a vincere il mondiale in Brasile, prima svergognando e umiliando i padroni di casa con sette gol sette e poi liquidando l'Argentina nei supplementari della finale. In contemporanea l'Italia, dopo un debutto trionfale con l'Inghilterra, le buscò da Costarica e Uruguay, tornando a casa tra pernacchie, interrogazioni parlamentari e dimissioni seduta stante di Abete e Prandelli. Fu l'occasione per dire e scrivere che la Germania aveva dimostrato al mondo come si dovesse costruire una squadra, una scuola calcistica, un intero Paese di football. Furono illustrate mappe delle varie accademie sparse in tutto il territorio, la Bundesliga venne indicata come modello di sviluppo, tecnico e commerciale.
Quattro anni dopo la storia è un'altra, il minculpop ha smesso di propagandare sistemi e filosofie esclusive, Löw, il commissario tecnico, è sempre uguale, in caso di vittoria o di sconfitta, sembra il batterista di un complesso beat dei favolosi anni Settanta, non fa un plissè anche dopo questa Nations League mortificante, promette che nelle qualificazioni all'Europeo vedremo un'altra nazionale, Oliver Bierhoff, general manager e Reinhard Grindel, presidente federale, assicurano che il posto dell'allenatore è saldissimo, più di quanto possa dire, della propria poltrona, frau Merkel.
In verità i comizi reggono lo spazio di novanta minuti, la Bundesliga viaggia tra le imprese eterne del Bayern e i tentativi di ribellione delle due prussiane il Borussia Dortmund e il M'gladbach, la nazionale cambia personaggi e interpreti ma ogni tanto deve ricorrere ai monumenti del passato, Möller fra questi. «Lunedì batteremo l'Olanda e saremo ancora tra le grandi», parola del presidente Grindel che non ha controllato la classifica.
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