Giocatori "furbetti" e procuratori, così il pallone va a rotoli

Ultimo esempio: il caso Juventus con Douglas Luiz che non si è presentato al raduno

Giocatori "furbetti" e procuratori, così il pallone va a rotoli
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Il certificato medico di Koopmeiners a Bergamo, quello di Osimhen che disertava il ritiro del Napoli, le paturnie di Lookman spalmate in due estati, altri casi di malasanità, Perisic e il mal di denti improvviso, Bernardeschi depresso a Firenze, Njang avvilito a Milanello. Per ultimo Douglas Luiz (foto) che non si è presentato al raduno della Juventus anche se in verità raramente si era presentato alle partite della squadra bianconera, nonostante i 5 milioni di salario e i cinquanta versati generosamente dal club agli inglesi dell'Aston Villa che, sghignazzando, stanno ancora contando i soldi. Nessuno pensi che la colpa sia esclusiva dei calciatori, questi sono semplici oggetti, e non più soggetti, dei loro procuratori, una stirpe che ha rovinato il calcio come già aveva previsto Vujadin Boskov e che altri veri uomini di football ripetono. Douglas Luiz ha eseguito gli ordini della scuderia, spera di andare allo scontro e di filarsela altrove, come Vlahovic e altri sodali di serie A, intanto la Juventus ha multato e messo fuori rosa il brasiliano, ripristinando abitudini scomparse negli ultimi anni, durante i quali l'amichettismo di Andrea Agnelli prevaleva sul rigore aziendale dei tempi migliori, vissuti e imposti da suo padre e suo zio, quando la Juventus aveva più di dieci comandamenti. La disciplina, innanzitutto, il rispetto delle regole e dei compagni, in breve la professionalità che ormai è un'idea come un'altra nel mondo del calcio intossicato dalla presenza ingorda dei procuratori, spesso in complicità con gli stessi dirigenti, mazzette volanti alla voce commissioni, ricatti di mercato, una foresta abitata da figure di ogni risma che muovono un colossale monte di denari.

La sola serie A, l'anno scorso, ha pagato 226 milioni di consulenze, negli ultimi dieci anni la cifra ha superato il miliardo e mezzo, a conferma di come il calcio viva sotto schiaffo di due componenti: appunto i procuratori e poi gli arbitri, attori determinanti non soltanto del gioco ma delle regole scritte da loro medesimi senza interpellare e coinvolgere calciatori e allenatori. Non c'è soluzione, la legge Bosman è stata una conquista sindacale dei calciatori ma una sconfitta finanziaria dei club, i procuratori hanno preso in mano il giocattolo diventato carissimo. Fossi un capo di governo proverei ad inserirli in organico nei dicasteri economia e tesoro.

Per gli scettici segnalo questo pensiero di Mino Raiola, che fu considerato il migliore degli agenti del football: "In Italia io vorrei fare il manager e il procuratore dei politici, perché? allora sì che mi faccio un impero miliardario in Italia, perché? i politici passano da destra a sinistra come se nulla fosse".

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