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Giochi nel futuro con cubani in vasca e canottieri d'Africa

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nostro inviato a Londra

Che strano mondo è mai questo? Un venezuelano oro nella spada, un egiziano che vince una medaglia nel fioretto, un cubano che va in finale nei 100 stile libero, nemmeno fossero i cento metri dell'atletica, un nigeriano che vede solo deserti e si vota al canottaggio, la Corea del Nord che ti fa strabuzzare gli occhi. Sono le Olimpiadi, bellezza! Si aprono nuovi mondi in nome del mai dire mai. E i movimenti che riescono a trovare la chiave per allargare l'orizzonte diventano benemeriti. Per esempio la scherma, accusata di vivere in un universo piccolo piccolo, è riuscita a mandare una medaglia d'oro in SudAmerica (la prima in assoluto in questa disciplina per l'intero continente latino-americano) con Ruben Limardo Gascon e una addirittura in Africa, la prima della sua storia: vale la targa alla buona memoria. L'egiziano Alaaeldin Abouelkassem, ventunenne studente di ingegneria informatica che difficilmente sarà ricordato nell'interezza del suo nome, resterà nella storia come l'africano che ha fatto irruzione nella scherma. Tesserato per un club francese, allenato da un polacco, ha girovagato tra Giappone, Usa e Germania per fortificare la sua bravura. Quella dell'egiziano è una storia esemplare: maestri stranieri, studio e club all'estero, così comincia la caccia delle nuove frontiere dello sport. In Egitto, fra l'altro, tentò l'esplorazione il maestro Livio Di Rosa, inventore della mitica scuola fiorettistica di Mestre. Lasciò traccia con un quarto posto della squadra di fioretto ai Giochi del 1956.
Africa e Asia possono invaderci, anche dal punto di vista sportivo. Solo il continente asiatico ha una popolazione intorno ai tre miliardi di anime, vale a dire la metà del mondo, e sul pallottoliere olimpico comincia a prendere forma l'invasione: metà del medagliere è infatti di proprietà asiatica. La strapotenza cinese se la gioca spalla a spalla con gli americani, gli altri cominciano a mostrare le potenzialità: dall'Uzbekistan al Kazakistan, dalla Mongolia alla più classica Corea del Sud. Invece i quattro ori conquistati dalla Corea del Nord, oltre al bronzo, sono stati una sorta di scampanellio per i distratti. E le Olimpiadi sono passate dalla gaffe per l'errore di bandiera ad un alzabandiera insistito (gioco del destino?) per i nordcoreani che hanno sorpreso tutti e vanno ad arricchire una collezione di 41 medaglie totali. Certo, la Corea si apre al mondo ma il suo mondo resta invalicabile. Gli atleti ringraziano il governo, fanno dediche al “Caro leader” defunto e altro non dicono.
Solitamente gli sport di lotta e forza sono quelli che aprono nuove frontiere. La Moldova ha appena scoperto un forziere con il sollevamento pesi, specialità non proprio femminile, ma che Cristina Iovu, sollevatrice nei 53 kg., ha arricchito con un bronzo. Vedere quattro coreani che vincono fa meno stupore di un nigeriano che si batte nel canottaggio. Hamadou Djibo Issaka ci ha provato a Londra, ma ha giurato che a Rio sarà competitivo per una medaglia. «Mi manca la tecnica», ha raccontato dopo essersi allenato in Egitto, Tunisia e Belgio. La Nigeria è la ventiduesima nazione più grande del mondo e per l'80 per cento è coperta dal deserto. Capirete la bella sfida, se un giorno arrivasse la medaglia in uno sport d'acqua dopo aver conquistato la prima, e unica, nella boxe a Monaco ‘72.
La finale dei 100 metri stile libero del nuoto ieri è stata la vetrina per Hanser Garcia, 24enne cubano che, dopo averci provato con la pallanuoto, si è tuffato fra i velocisti della vasca. I cubani hanno, e hanno avuto, grandi pugili e splendidi campioni nell'atletica leggera. Ma ora il talento si sta un po' appassendo. Il nuoto è una nuova frontiera.

La finale di ieri aveva in acqua otto atleti di otto nazioni diverse fra cui un brasiliano e un cubano. Trent'anni fa ce li saremmo sognati. Hanser ha cercato maestri a Bilbao, in Spagna, è stato soprannominato «il pollo». Forse un giorno scopriremo che è stato un delfino.

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