Un déjà vu mortale. Mosca 2013 come Sepang 2011. Andrea Antonelli come Marco Simoncelli. Il motociclismo italiano vive un'altra domenica choc, un mezzogiorno di dolore. Stavolta al mondiale Supersport. Doveva essere un giorno di festa con la vittoria in gara 1 sul circuito moscovita di Marco Melandri in Superbike. Invece, nel giro di pochi minuti, è diventato nero come il cielo sulla capitale russa. É bastata una frazione di secondo per sprofondare nel dramma.
Antonelli alla fine del primo giro, sotto una pioggia torrenziale, è rimasto coinvolto in un contatto, ha perso il controllo della Kawasaki e nella scivolata l'ha travolto la moto dell'incolpevole Lorenzo Zanetti. Immediati i soccorsi anche perché l'incidente è avvenuto sul rettilineo principale, a 200 metri dalla clinica mobile. Trasportato al centro medico della pista privo di sensi, il pilota del team GoEleven non si è più ripreso nonostante i disperati tentativi. Vista la gravità della situazione, i medici hanno annullato anche il trasferimento in elicottero all'ospedale per tentare di rianimarlo sul posto. Tutto reso vano da un impatto devastante a oltre 250 chilometri orari. Fatale per Antonelli sarebbe stato l'urto violentissimo della testa contro la pedana della moto di Zanetti.
Il medico della clinica mobile, Massimo Corbascio, è stato tra i primi a intervenire: «Era impossibile rianimare, da subito». Laconico il commento del dottore che poi con le lacrime agli occhi approfondisce: «Zanetti non l'ha potuto evitare. Lui stesso dice di avere preso questa cosa verde ed essere caduto. Del resto, se un pilota viene investito da una moto che pesa 160 kg, a 250 km orari e viene colpito al cranio, cosa resta da fare? E' andato a fare compagnia a Marco Simoncelli
Non c'era niente da fare. In questi casi, anche se lo intubi, lo porti in rianimazione, rimane un corpo attaccato a una macchina, non ha cervello, ha solo sangue nel cervello». Il comunicato ufficiale parlerà di «frattura alla base del cranio con il pilota intubato e per 45 minuti sottoposto ai tentativi di rianimazione».
Eppure in testa ieri Antonelli aveva un grande sogno, il primo podio iridato. Infatti il pilota di Castiglione del Lago (Perugia), dove viveva insieme ai genitori, nelle qualifiche aveva centrato il suo miglior risultato di sempre con il quarto tempo assoluto. Poteva essere il coronamento di una carriera per questo ragazzo nato il 17 gennaio di venticinque anni fa. I primi passi li aveva fatti sulle minimoto, poi il salto in pista nel 2002. La gavetta nella Superstock 600 e nel Superstock 1000 ne aveva confermato le doti con 14 podi in 7 stagioni. Nel 2006, dopo una vittoria ad Assen e quattro secondi posti, si era laureato vicecampione europeo nella Superstock 600. Quindi nel 2012 il passaggio nella Supersport, le derivate di serie. Questa stagione era stato un crescendo, 4° al Gp d'Aragona e settimo posto nella classifica mondiale.
Tutto finito sul più bello. Antonelli si inserisce in un crudele elenco di piloti morti. É ancora il tempo delle lacrime e inevitabilmente delle polemiche: contro gli organizzatori che hanno dato il via in condizioni proibitive. Nel mirino c'è l'asfalto della pista di Mosca. Melandri attacca: «Capisco l'interesse ma siamo essere umani e bisogna evitare rischi. La colpa è di tutti, bisognerebbe sedersi e parlare».
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